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Dellai: “Colmare il gap culturale che disincentiva le famiglie”

Ripartire dalle sfide dell'incremento delle nascite e delle politiche a sostegno delle famiglie, come base per ricostruire un'idea di Paese incentrata sulla comunità e non sul singolo. Questa, secondo l'on. Lorenzo Dellai, presidente di Democrazia Solidale – Centro Democratico (schieramento federato alle venture elezioni con Civica Popolare) e candidato della coalizione alla Camera nel collegio uninominale di Pergine Valgusana, l'urgenza non solo per il nuovo Governo ma anche per quelli a venire.

On. Dellai, fra le sfide più urgenti del nostro Paese non possiamo non inserire il crollo demografico rilevato dai recenti dati Istat…

“Innanzitutto devo dirle che noi siamo molto convinti che questa sia vera sfida del futuro. Questo inverno demografico che interessa l’Europa, non solo l’Italia, preoccupa non poco: i demografi sostengono che stiamo arrivando vicini a un punto di non ritorno e per questo dovrebbe essere un tema che unifica tutta la politica e la società, poiché riguarda veramente il futuro delle nostre comunità. Noi pensiamo che ci siano due grandi campi nei quali lavorare: il primo è di tipo culturale e valoriale perché i motivi del calo demografico non sono solamente di natura economica, prova ne sia che gli indici di natalità sono molto più forti nelle zone povere e molto meno nelle zone ricche. Quindi c’è evidentemente prima di tutto una grande questione culturale, antropologica: bisogna tornare a mettere al centro della vita della nostra comunità il valore della vita, della famiglia, del costruire insieme il futuro perché solamente così possiamo superare quel gap di tipo culturale che molto spesso disincentiva, sconsiglia, rende molto difficile scommettere sull'avvenire attraverso la formazione di nuove famiglie e la decisione di fare dei figli. Questo primo punto non è di stretta competenza della politica ma è una responsabilità di tutte le agenzie educative, di tutti i cittadini. A noi pare importante metterlo come primo perché altrimenti rischiamo di non capire cosa sta succedendo dentro le trasformazioni della nostra comunità”.

E il secondo punto?

“Un secondo terreno, e questo sì dipende da politica e istituzioni, riguarda l’insieme delle misure concrete che si devono e si possono mettere in campo in tema di famiglia e di supporto alla natalità. Anche qui l’obiettivo fondamentale credo dovrebbe essere quello di costruire maggiore organicità e costanza nel tempo degli strumenti che si mettono in campo. Molto spesso si agisce con dei provvedimenti in sé molto positivi ma piuttosto scoordinati e magari anche non costanti. Qui invece dobbiamo recuperare l’idea di una strategia organica che parte dal supporto economico alle famiglie, che punta sulla ristrutturazione del sistema fiscale sul modello francese (che considera la famiglia come il vero parametro per l’imposizione fiscale e non il singolo), dobbiamo puntare molto anche sull’organizzazione dei tempi di vita, di lavoro delle nostre comunità in maniera tale che avere dei figli non sia un handicap dal punto di vista logistico, organizzativo. Quindi direi che è questo insieme di politiche per la famiglia e per la natalità che dovrebbe costituire uno dei pilastri della futura azione del governo ma direi anche dei prossimi governi, perché non illudiamoci: questa tendenza demografica, richiederà tanto tempo per invertirla. Occorre una strategia decennale che introduca elementi strutturali e cambiamento delle nostre politiche, insieme all’investimento sui valori sulla cultura della solidarietà e della comunità”.

Ritiene che, in questo senso, l'esperienza delle politiche familiari trentine possa rappresentare un modello positivo?

“Sì, sono molto contento che in Trentino, negli ultimi 15 anni, si siano sperimentati dei tentativi di politiche familiari. Ne sono contento perché forse abbiamo preso la strada giusta che è quella di una politica organica per la famiglia. Penso che l’esperienza trentina possa essere molto utile come laboratorio, come punto di riferimento, così come tante altre esperienze che sono nate nelle comunità locali del nostro Paese e che vanno messe in rete, comunicate di più, rafforzate. Abbiamo costituito un’agenzia per la famiglia all’interno della provincia autonoma di Trento e vedo che, un po’ alla volta, anche tutti gli altri comparti della pubblica amministrazione, tutti i comuni, le forze imprenditoriali e sociali incominciano a vedervi un interlocutore per cambiare i propri comportamenti e mettere in moto tante piccole cose che insieme fanno una politica”.

Fra i punti del programma di Civica popolare spicca l'obiettivo dell'occupazione femminile al 60%: in che modo può influire positivamente per il rilancio demografico?

“Io penso che i servizi per l’infanzia, dai nidi alle scuole materne, siano uno dei tanti terreni fondamentali per una politica della famiglia perché sono la premessa fondamentale per poter consentire una crescita del tasso di occupazione femminile. Noi abbiamo ormai imparato che non è affatto vero che nei Paesi nei quali le donne lavorano di meno si fanno più figli. E’ vero esattamente il contrario: negli Stati in cui si sono trovate misure per favorire l’occupazione femminile, rendendola compatibile con la maternità, questi sono i Paesi nei quali le famiglie scommettono di più sui figli, perché sono più sereni, meno preoccupati del loro futuro. Rafforzare la rete dei servizi dell’infanzia 0/6 (nidi e scuole materne), molto a macchia di leopardo in Italia: c’è un problema anche qui di equità generale nel sistema Paese e l’obiettivo di fondere questa rete e renderla sempre meno onerosa per le famiglie a reddito medio e reddito basso. Dovrebbero essere obiettivi di interesse nazionale e non di una singola parte politica”.

La sfida dell'immigrazione ha rappresentato un punto cardine dell'azione politica della legislatura uscente… Come porsi rispetto all'Europa?

“Le due cose in realtà coincidono. La questione dell’immigrazione, come tutte le grandi questioni che ha di fronte il nostro Paese, si può affrontare solo in un contesto e in uno spirito europeo. Ormai solo Salvini rimane convinto che la risposta debba essere il ritorno alla sovranità degli Stati nazionali. Tutti ormai, credo, se ci riflettono avvertono che queste sfide attraversano i confini degli Stati nazionali e solo in una logica di solidarietà europea noi possiamo affrontare queste sfide in maniera positiva. L’immigrazione è uno dei fenomeni di quest’epoca storica e ha alle spalle la circostanza che abbiamo un continente africano in fortissima crescita demografica e molto povero, e un’Europa in inverno demografico ma molto ricca. E’ evidente che questa situazione prima o poi va affrontata con politiche radicali, di lungimiranza che solo l’Europa tutta insieme può affrontare, in termini di investimenti per la crescita e lo sviluppo sociale nei Paesi africani, e anche in termini di accoglienza, gestita, positiva, governata dentro le nostre comunità europee nelle quali c’è un grande bisogno di persone che arrivino a dare il proprio contributo. Basta girare per qualsiasi azienda del nostro territorio per vedere quanto importante è per le nostre aziende e le nostre famiglie la presenza di queste persone straniere che vengono da noi per fare i lavori che i nostri giovani ritengono di non dover più fare perché hanno aspirazioni in termini professionali, di studio e lavoro totalmente diverse”.

E sul tema dell'accoglienza?

“Su questo scenario generale si innestano le emergenze che riguardano la questione specifica, che non è tutta l’immigrazione o solo i profughi che richiedono asilo nella nostra comunità. E anche su questa questione noi abbiamo bisogno di due cose fondamentali: di uno spirito positivo e non razzista di accoglienza ma anche di regole certe e di poter esigere da queste persone dei comportamenti coerenti con le nostre leggi, la nostra cultura e la nostra identità. E solo l’equilibrio fra queste due poli può consentirci di gestire anche le emergenze con razionalità e con efficienza”.

Fra i dettami più impellenti di Papa Francesco vi sono le cosiddette periferie esistenziali… Come affrontare la lotta alla povertà?

“Penso che quando il Papa esorta a ripartire dalle periferie ci esorta a riscoprire il vero valore della politica, perché è appunto ciò che deve spingere a ripartire dagli ultimi, da chi fa più fatica a stare al passo con questi tempi travolgenti. Ripartire dalla persona: quando sento dire “Prima gli italiani” o “Prima i trentini”, ecc., mi viene da pensare che siamo proprio fuori strada. Noi dobbiamo dire: “Prima la persona, prima la comunità”. E questi sono i valori anche della dottrina sociale della Chiesa. Entro questo quadro, io penso che il contrasto alla povertà si faccia con misure innanzitutto specifiche contro questo. Non è sufficiente uno sviluppo economico, che pure ovviamente è importante. Noi sappiamo che può esserci sviluppo e crescita della povertà, perché se questo non è equilibrato, inclusivo, non risolve i problemi della povertà di una fascia sempre crescente di popolazione. Dunque, servono accanto allo sviluppo delle misure specifiche che ridistribuiscano il reddito e che consentano a tante persone di avere delle occasioni di inclusione sociale”.

Si parla anche di “risollevamento del ceto medio”…

“Il secondo punto, come priorità, è la lotta all’impoverimento, cioè il contrasto a quel fenomeno che, negli ultimi anni, ha caratterizzato una parte significativa del ceto medio (non categorie tradizionali dell’emarginazione ma le famiglie che fino a qualche anno fa avevano una condizione di vita adeguatamente solida e che i grandi cambiamenti sociali ed economici di questi ultimi anni hanno invece portato progressivamente verso la soglia della povertà. Lì serve un grande progetto nazionale di investimento sul ceto medio e di ricentralizzazione di questa idea di uno sviluppo che sia armonico, equilibrato che non crei l’esplosione di pochi nuovi ricchi e il declino del ceto medio che è l’ossatura fondamentale del nostro Paese. Anche qui, le politiche importanti sono di tipo fiscale e legate anche alla qualità dei servizi sociali che sul nostro territorio sono diffusi piuttosto a macchia di leopardo”. 

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