Perchè è crollato il centrosinistra

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La genesi della debacle del centrosinistra alle ultime elezioni parte da lontano, passa attraverso scelte sbagliate (ammesse dallo stesso Renzi) che hanno portato numerosi italiani a non confermare la propria fiducia al Pd e arriva al 4 marzo. Lo dimostrano i flussi elettorali dell'istituto Swg.

Il Pd

Negli ultimi 4 anni Matteo Renzi ha sbandierato quel 40,8% guadagnato alle Europee del 2014 facendolo pesare all'interno del partito come una sorta di referendum personale. Peccato che, nel tempo, abbia fatto ben poco per conservarlo. Degli 11,7 milioni di elettori che nel maggio 2014 scelsero il Pd, secondo Swg, solo il 50,2% ha confermato il suo orientamento. Il 15,6% non ha votato, mentre il 34,2% ha cambiato partito o coalizione. Sul Movimento 5 Stelle sono confluiti il 16,8% dei suffragi degli ex elettori dem. Seguono il centrodestra nel suo insieme (8,4%), Leu (4%) e Più Europa (3,4%). Questo vasto esodo, addirittura nei confronti di partiti di orientamento opposto rispetto a quelli del Pd, dimostra che la politica impostata dal Nazareno (che ha portato alla fuoriuscita dei leader storici dell'esperienza ex comunista) ha sostanzialmente inquadrato il Pd in un panorama moderato non ideologicamente definito. Ciò, se da una parte agevola l'attrazione nella galassia dem di voti in precedenza espressi a favore di altre forze politiche, dall'altra rende volatile il suo elettorato. In parole povere: nell'era pre Renzi il Pd conservava uno zoccolo duro di elettori di sinistra che vedevano nei dem gli eredi diretti dell'esperienza politica iniziata col Pci e proseguita nel Pds e nei Ds; oggi, invece, ha probabilmente maggiore capacità di attrarre un'elettorato moderato (che non inquadra più il Pd come un partito della sinistra storica) ma questo per sua natura ha minori reticenze a spostare il suo orientamento, non avendo orizzonti ideologici ai quali restare fedele. 

“Nuova” Dc?

Passiamo al Movimento 5 Stelle, che nel prossimo Parlamento sarà il partito di maggioranza relativa. I grillini in 5 anni hanno guadagnato quasi il 5% (dal 25,6% del 2013 al 31,9% di oggi). I flussi in entrata elaborati da Swg spiegano che M5s è riuscito non solo a mantenere il 57,7% di quell'elettorato ma lo ha incrementato con 19,5% di italiani che non avevano votato per nessuno (astensionisti e minorenni) e con un 22,8% che si era espresso a favore di altre forze politiche. Il Pd si conferma il partito dal quale M5s ha pescato più suffragi (9,8%), seguito dal Pdl (4,4%), dai partiti della sinistra identitaria di 5 anni fa (Rivoluzione civile di Ingroia e Sel, 2,2%) e da Scelta Civica (2%). Il 20,6% dei nuovi elettori del Pd proviene dunque tanto dal panorma moderato che da quello dell'ex sinistra dem. Se la tendenza restasse questa negli anni il M5s potrebbe accreditarsi come una grande forza di centro, andando a colmare il vuoto politico (non ideologico e valoriale ovviamente) lasciato dalla Dc nel 1993. 

Fenomeno Lega

Chiudiamo col centrodestra, che nel suo insieme ha ottenuto la maggior parte di seggi in Parlamento. Qui c'è da registrare un vasto spostamento di voti dall'ex Pdl (tornato in parte Forza Italia) verso la Lega di Matteo Salvini. Del 21,6% di elettori che nel 2013 si espressero a favore del Popolo della Libertà solo il 48,1% ha dato fiducia alla rediviva Fi. Il 14,7% non ha votato, mentre ben il 37,2% ha cambiato partito. Il Carroccio è la forza politica che ne ha più giovato (22,2%). Seguono il M5s (7,7%), Fdi (3,7%) e Pd (2,2%). La Lega a trazione nazionale di Salvini è l'autentica mattatrice di questa competizione, passando dal 4,1% del 2013 al 18% di oggi. Salvini ha conservato il 18,7% di quegli 1,39 milioni di italiani e ne ha guadagnati molti di più: ben l'81,3%. Di questi elettori il 29,5% nel 2013 non avevano votato, mentre il 51,8% si era espresso a favore di altri. A cedere suffragi è stato soprattutto il Pdl (25,5%), seguito da M5s (8%), Pd (4,6%) e Scelta Civica (4,2%). Nel complesso il centrodestra è stato lo schieramento più bravo a limitare la fuoriuscita di consensi facendoli spostare da un partito all'altro della coalizione, oggi decisamente più a destra rispetto a 5 anni fa.