E' giallo in Russia per la morte del giornalista investigativo Maksim Borodin, deceduto lo scorso 15 aprile in sguito alle lesioni riportate tre giorni prima, quando è caduto dal balcone del suo appartamento a Ekaterinburg, nella regione russa degli Urali.
Il lavoro di Borodin
Il giornalista nell'ultimo periodo si era concentrato sulle “morti fantasma” dei mecenari russi. In particolare, il reporter aveva raccontato che molti suoi connazionali erano deceduti nel raid statunitense su Deir el Zor.
Si trattava di dipendenti di Wagner, la compagnia militare privata che fa capo a Evgenij Prigozhin, soprannominato “il cuoco di Putin”. Secondo fonti citate da Borodin, nel bombardamento Usa sarebbero morte decine, se non centinaia, di contractor russi, ma Mosca ha sempre negato arrivando ad ammettere solo cinque vittime.
I dubbi
Anche se ufficialmente la morte di Borodin, 32 anni, è indagata come suicidio e il portavoce della polizia della regione di Sverdlovsk ha affermato che è “improbabile che questa storia sia di natura criminale“, c'è chi crede che non si sia trattato di un suicidio. Come ad esempio Polina Rumyantseva, direttrice di Novy Den, dove lavorava Borodin, ha affermato di non credere al suicidio e l'organizzazione Reporter senza frontiere ha parlato di “circostanze sospette”.
Inoltre, c'è anche la testimonianza di un amico del reporter investigativo, Vyacheslav Bashkov, che in un messaggio su Facebook racconta che Borodin lo ha contattato intonro alle 5 del mattino dell'11 aprile, informandolo che il suo edificio era circondato da “forze di sicurezza” in tenuta mimetica e maschere per il viso. Un'ora dopo, Borodin lo avrebbe richiamato per che si era sbagliato e che gli agenti di sicurezza stavano conducendo una sorta di esercitazione.