“Non mi hanno vaccinato per paura dell’autismo”, “Avevo acquistato sul web un farmaco miracoloso”, “Ho curato il cancro con il bicarbonato di sodio”. Sono alcuni degli epitaffi che, sovrastati da una croce, campeggiano su altrettante lapidi nella campagna choc ‘Una bufala ci seppellirà?’ lanciata dalla Fnomceo (Portale della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici) per combattere le bufale in tema di salute, soprattutto quelle che si diffondono tramite la rete.
“Diffidate delle bufale sul web. Chiedete sempre al medico” è l’invito che campeggia sui poster 6 metri x3. La campagna – presentata il 10 maggio a Roma – intende sensibilizzare l’opinione pubblica e combattere il fenomeno della diffusione delle fake news sulla salute tramite la rete. “Un fenomeno preoccupante e in crescita, che mette a repentaglio la salute dei cittadini”, si legge in una nota.
“Una Spoon River delle occasioni perse in tema di salute, una campagna che in modo secco ed efficace, potremmo dire ‘lapidario’, mette in guardia dai pericoli delle false cure pubblicizzate in maniera allettante anche sul web – commenta il responsabile dell’Area Strategica della Comunicazione Fnomceo, Cosimo Nume. Secondo la Ricerca Censis Assosalute 2017 sono infatti 15 milioni gli italiani che, in caso di piccoli disturbi, cercano informazioni sul web. Un atteggiamento pericoloso che è sempre più diffuso tra i giovani: il 36,9% dei millennials usa autonomamente il web per trovare informazioni su come curare i piccoli disturbi.
Nel nostro Paese ammontano a 8,8milioni ogni anno le vittime di fake news in materia di salute, mentre sono 3,5milioni i genitori che si sono imbattuti in indicazioni mediche sbagliate in rete. Anche perché le fonti di informazione sul web non sempre sono autorevoli: nel 17% dei casi si tratta di siti web generici sulla salute, nel 2,4% di social network e solo nel 6% si tratta di siti istituzionali. I canali web pesano sempre di più come punto di riferimento per l’informazione in materia di salute: il medico di medicina generale è la fonte nel 53,5% dei casi, il farmacista nel 32,2%. Seguono a breve distanza i canali web (28,4%).