Il cardinale Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano, ha presentato questa sera al Meeting di Rimini la sua ultima fatica editoriale dal titolo “Ho scommesso sulla libertà”. Si tratta di un testo autobiografico scritto a quattro mani con Luigi Geninazzi, giornalista di “Avvenire”. Del libro hanno parlato i due autori nel corso dell'incontro intitolato “Libertà e speranza” introdotto da Alberto Savorana, portavoce di Comunione e Liberazione.
L'intervento del cardinale
Alla domanda di Savorana, che gli chiede di come sta vivendo la sua vecchiaia dopo il ritiro dalla diocesi di Milano, il cardinale Scola ha risposto: “Da quando ho lasciato 'un mestieraccio', come lo chiamava Schuster, continuo a fare il prete. Continuo a domandare alla Madonna la grazia che il desiderio di vedere il volto di Dio vinca sull'uggiosa preoccupazione della morte.” Secondo l'arcivescovo emerito di Milano,questo desiderio lo ha portato a guardare “al lungo cammino” che ha fatto e alla realtà attuale con due atteggiamenti diversi: “Il primo – ha spiegato Scola – ha cominciato a prendere piede negli ultimi anni di Venezia e consisteva nel'accogliere un ridimensionamento della mia persona, riportarla alle sue dimensioni reali, senza più narcisismi, senza più ambizioni, senza più elementi di autoaffermazione. Entrare nell'humilitas che caratterizza la Chiesa milanese da San Borromeo e che ci ha insegnato don Giussani.” Un atteggiamento, specifica il cardinale, che si distingue “dalla caduta nella falsa umiltà.” In questa nuova fase della sua vita, il cardinale confessa: “Riesco a guardare il cambiamento d'epoca di cui parla Papa Francesco che sta investendo tutto. Lo faccio con un'attitudine di misericordia verso gli uomini e donne del nostro tempo, verso la confusione in cui sono immersi.” L'ex patriarca di Venezia ha un approccio positivo di fronte a questa nuova situazione: “Mi fa cantare un inno di gioia e di amore verso la Chiesa, in tutte le sue manifestazioni. In modo particolare per l'appartenenza al carisma di don Giussani.” Sulla morte, Scola ha detto: “Purtroppo sono ancora lontano da quella attitudine che concepisce la morte al centro della vita. E' una cosa che fa solo il cristianesimo perchè recepisce la morte, non come un annullamento ma come uno scivolare dall'abbraccio degli amici, dei fratelli cristiani nelle braccia di Dio.”
Il passato da cristiano di facciata
Rispondendo alla domanda introduttiva di Savonara, l'arcivescovo emerito di Milano ha parlato del periodo esistenziale in cui diceva di sentire il cristianesimo come un qualcosa di facciata. “Nella mia vita – ha ricordato Scola – ho cominciato l'esperienza di fede succhiando il latte di mia madre. Poi, alle superiori sono stato molto preso dall'impegno politico di mio padre, camionista che aderiva al socialismo massimalista. Tra i 14 e i 19 anni il fatto cristiano era alle spalle, come una vernice. Questa situazione è cambiata dopo l'incontro con don Giussani. Mi colpì una sua relazione dal titolo 'Gioventù come tensione'. Mi colpì perchè si esprimeva in un modo non clericale, non moralista.” Scola ha raccontato la scelta della sua vocazione ricordando come sia maturata “la prima volta che” ha percepito nella sua vita “che quel Gesù di cui si sentiva parlare era contemporaneo.” Una vocazione che nasce da un incontro, dunque, perchè, dice il porporato: “L'incontro è un avvenimento puntuale che dal cuore, mediante la potenza dello Spirito, tocca il tuo cuore e lo trasforma.”
Crisi spirituale
Interpellato su passo del libro in cui si sofferma sulla crisi spirituale del cattolicesimo in Europa, l'arcivescovo emerito ha detto: “Non amo parlare di crisi. Il discorso della crisi vive del paragone con il passato. Invece il travaglio che stiamo vivendo è tutto concentrato sul futuro, come un parto.” “La nascita – ha spiegato Scola – a differenza della morte è l'irruzione di un novum. Il cristianesimo, a partire dalla modernità, ha perso questa percezione cristica dell'essere mossi e animati dal desiderio che una novità appaia nella vita e si dilati per amore.” Secondo il cardinale, poi, è sbagliato credere che stiamo vivendo ancora in un'epoca dominata dalla secolarizzazione: “Bisogna riflettere sulla parola 'secolarizzazione': è uno di quei concetti tomba dove tutto si mette dentro assume un sapore di morte. Noi siamo nel tempo della post-secolarizzazione. Siamo finiti nel problematicismo radicale e nell'impossibilità di parlare del senso della vita. La secolarizzazione è finita, abbiamo davanti un tempo nuovo.” Per il cardinal Scola, la secolarizzazione “ci ha lasciato le macerie” e quindi “dobbiamo alzare lo sguardo adesso e mendicare la novità del nostro cuore, del nostro 'io'.” Una circostanza che l'ex patriarca di Venezia riscontra nell'appuntamento di Rimini: “Nel Meeting questo si vede, ha questa capacità di generare il nuovo. Vado via diverso dopo mezza giornata così. E' impressionante vedere l'anzianità che i volti dei miei coetanei qui testimoniano ma attraversata dal gusto e dalla ricerca di questa novità.”
La paura
Secondo le parole introduttive di Savonara, un'epoca si è chiusa ma è ancora difficile immaginare l'uomo del futuro. Questo sarebbe, a suo parere, segno di paura e di insicurezza esistenziale. Il cardinale è intervenuto sulla paura affrontando anche temi di stretta attualità: “Chi di noi non ha paura? Si parla tanto di accoglienza degli immigrati, dei problemi di questo fenomeno che io chiamo meticciamento delle nostre civiltà. E ci stupiamo che la gente abbia paura? Di fronte a fisionomie culturali così diverse? Di fronte al fatto che devi accettare odori, colori e sapori che non ti sono familiari. La paura bisogna capirla, abbracciarla e farla evolvere dentro una testimonianza di coinvolgimento e condivisione. Tutti noi abbiamo fatto quest'esperienza, penso ad esempio ai timori derivanti dalla chiamata vocazionale. Dobbiamo accogliere la paura in noi come una provocazione alla responsabilità, al vivere la vita come una risposta. La nascita a differenza della morte è l'irruzione di un novum. Dobbiamo rispondere a questa irruzione che è un dono di Dio al nostro quotidiano. Questa è la responsabilità, non quella che ha portato alcuni pensatori ad esaltare l'etica protestante nel secolo scorso.” Secondo il cardinale, la responsabilità è la giusta risposta alla paura, che però non criminalizza. E ha continuato: “Noi ambrosiani abbiamo un fattore educativo molto bello perchè i nostri vespri iniziano sempre con un responsorio, un dialogo tra Dio e l'uomo. La paura si vince con la responsabilità, intesa in questo senso radicale. Il modo migliore per immaginare il futuro è assecondare le circostanze ed i rapporti che tramano la realtà.” Per fare ciò, una mano può arrivare dagli anziani, gli individui più esperti della società. Infatti, Scola sostiene che: “I nonni non devono limitarsi a fare i baby sitter e basta, devono far passare la loro esperienza ai nipoti, specialmente il valore della sofferenza.”
La situazione della Chiesa
Il cardinale Scola non ha evitato di affrontare anche le questioni più scomode, come quella riguardante la situazione della Chiesa. “Non sono d'accordo – ha detto l'arcivescovo emerito di Milano – con i lamenti che si fanno sulla Chiesa. I segni che danno certezza sulla durata della Chiesa, soprattutto a livello personale ma anche a livello comunitario, il Signore non li fa mancare.” Il cardinale ha espresso dolore per la “orripilante vicenda della pedofilia” di cui si macchiano religiosi infedeli sottolineando come “gli ultimi tre papi hanno aiutato la Chiesa con il digiuno e la preghiera a trovare una via di rinnovamento.”
Il Papa inedito
Nel libro, Scola definisce Bergoglio un 'Papa inedito'. Una definizione che ha spiegato così: “Che sia inedito è sotto gli occhi di tutti. Lo stile fa l'uomo, come hanno detto dei pensatori, e lo stile di Papa Francesco è molto personale ed è molto sorprendente per noi.” Ritornando su un'espressione utilizzata in passato, il cardinale ha spiegato: “Ho detto che l'elezione di Francesco è stata come un pugno nello stomaco per noi europei, un modo di cui lo Spirito si è servito per risvegliarci.” E ancora, sul vescovo di Roma, ha detto: “Il suo ministero, il suo modo di vivere la vocazione è fatto di gesti, esempi, di una cultura di popolo tipica dell'Argentina, di insegnamento.” L'arcivescovo emerito di Milano è ritornato poi sulla leggenda metropolitana che lo vorrebbe 'grande rivale' di Bergoglio nel Conclave del 2013: “E' circolata una clamorosa fake news che ha fatto dire a tutti che sono entrato Papa e sono uscito cardinale. Non è assolutamente vero perchè mi era evidente, e non solo a me, che la stanchezza profonda dell'Europa, che non ci deve scoraggiare, non sarebbe stata più in grado di esprimere la figura di un Papa. Non c'erano le condizioni. Questa cosa di diventare Papa non mi ha mai toccato.” Ricordando quei momenti, ha detto: “Lasciando i miei collaboratori della Curia dissi di stare tranquilli perchè non sarei stato Papa.”
Progressisti e cosiddetti conservatori sbagliano
Il cardinale Scola ha fornito la sua opinione sul dibattito spesso interno alla Chiesa: “Francesco rappresenta una novità che abbiamo il dovere di imparare, come Giovanni Paolo II diceva di imparare Roma. Dobbiamo accogliere ed accettare il suo stile fino in fondo, penetrando in quegli aspetti che costituiscono un elemento di novità nell'esercizio del papato.” Secondo Scola: “Con i papi precedenti, sulla sostanza, è assai in continuità. La grande realtà del continente latinoamericano in questo momento sta accompagnando anche le chiese europee invitandole ad pazientemente ad una ripresa.” L'arcivescovo emerito di Milano ha osservato: “Oggi i cosiddetti conservatori si lamentano perchè dicono che il Papa non dice più quello che dicevano loro, i progressisti sono contenti invece perchè sostengono che sta dicendo quello che dicevano loro. Secondo me sbagliano tutti e due e gravemente.”