La Turchia continua a lavorare con Russia e Iran per evitare ad Idlib un disastro come ad Aleppo“. Lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, chiarendo la posizione del suo Paese dopo Damasco e Mosca hanno schierato la propria artiglieria pesante nella provincia nord-occidentale siriana, ancora in mano ai ribelli anti Assad.
Profughi
L'inviato speciale dell'Onu, Staffan de Mistura, ha proposto che i civili intrappolati da eventuali scontri si dirigano verso le aree sotto il controllo del regime di Assad e non verso la Turchia che non vuole profughi. Mosca infatti difficilmente rinuncerà ad Idlib, mentre su Ankara pende il rischio concreto di fuga verso il confine (ora blindato) di centinaia di migliaia di civili.
Pronti alla battaglia
Intanto, alcuni miliziani dei gruppi armati attivi nella provincia hanno fatto saltare in aria due ponti, in previsione dell'imminente attacco contro il governatorato, ultima roccaforte dei ribelli non finanziati dall'Occidente. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, le due infrastrutture si trovavano sul fiume Assi e collegavano i territori controllati dagli insorti alle zone governative tra le province di Hama e Idlib, nella zona di Sahl al-Ghab. Il direttore dell'Osservatorio, Rami Abdel Rahman, ha detto che i ponti sono stati distrutti dalle fazioni islamiste del Fronte di Liberazione Nazionale, la principale coalizione ribelle sostenuta dalla Turchia.
Milizie
I territori ribelli di Sahl al-Ghab, a cavallo tra le province di Hama e Idlib, potrebbero essere il primo obiettivo dell'offensiva del regime e del suo alleato russo. Attualmente i jihadisti di Hayat Tahrir al Sham, gruppo nato dalla fusione di diverse sigle islamiste e costola di al Qaeda, a controllare il 60% del territorio di Idlib, mentre la gran parte del restante 40% è in mano agli uomini del Fronte di liberazione nazionale.