Il bullismo è un tema che periodicamente torna a balzare alle cronache. E nelle scorse ore è arrivato anche in Parlamento, dove la Lega ha presentato un disegno di legge per ripristinare il voto di condotta proprio per contrastare questo odioso fenomeno. Ma come nasce il bullismo? I fattori che più influenzano lo sviluppo del bambino, certamente appartengono al periodo della prima infanzia dove viene elaborato il proprio sé interiore. Sicuramente una causa è da ricercare nella predisposizione biologica del bambino: elevata iperattività, difficoltà nell’attenzione, disobbedienza; va poi valutato il contesto socioculturale nel quale nasce e cresce nel suo sviluppo. Così in ambienti familiari dove vigono violenza e povertà si possono sviluppare personalità di tipo aggressivo, influendo l’educazione genitoriale in maniera fondamentale nella crescita psicosociale del bambino che sviluppa nel tempo un elevato concetto di sé. I comportamenti da bulli, troppo spesso sottovalutati da genitori ed insegnanti poco attenti, non riguardano solo zone periferiche o di emarginazione delle grandi città ma interessano tutte le classi socioeconomiche potendosi manifestare non solamente in ambiente scolastico, ma anche in altre realtà di aggregazione sociale giovanile. Un atteggiamento, un modo di parlare o di vestire, un handicap fisico seppur lieve possono divenire motivo di scherno e di derisione; in questi casi la vittima si sente sola, ha paura di riferire sulle violenze psicofisiche che è costretta a subire e teme vendette fino al punto estremo di essere costretta in alcuni casi a cambiare istituto scolastico.
I segnali che i genitori devono saper cogliere per capire se il proprio figlio è vittima di bullismo, nella maggior parte dei casi si manifestano attraverso disturbi del sonno, dell’alimentazione o psicosomatici quali dolore addominale o cefalea; ancora ripetute chiamate ai genitori dalla scuola per tornare a casa, il sottrarsi ad eventi sociali scolastici, la perdita di denaro o di oggetti personali non motivata così come la bassa autostima, devono indirizzare verso un disagio vissuto dall’adolescente. I maschi basandosi sulla loro forza fisica scelgono vigliaccamente sempre una “vittima” gracile e timorosa non affrontando mai chi potenzialmente potrebbe essere più forte. Le femmine invece agiscono ambiguamente spesso isolando chi magari preferisce lo studio non uniformandosi alle direttive del gruppo. I soggetti coinvolti negli episodi di bullismo, si dividono in tre categorie: bulli, vittime, spettatori. Il bullismo quindi è un fenomeno di gruppo che coinvolge la totalità dei soggetti che possono assumere diversi ruoli : sostenendo il bullo, difendendo la vittima o astenendosi. Il bullo dominante è più forte della media dei coetanei, ha un forte bisogno di dominio e autoaffermazione, è impulsivo e non mostra mai sensi di colpa. Di solito ha uno scarso rendimento scolastico, è popolare soprattutto tra i più piccoli che lo considerano un modello di potere e di forza. I bulli gregari, seguaci del bullo dominante, ansiosi, insicuri e con scarso rendimento scolastico eseguono gli “ ordini” del capo. La vittima è un soggetto debole ed incapace a difendersi, spesso angosciata e timida tende ad essere emarginata, non parla con nessuno delle sofferenze e dei torti subiti, tende ad auto colpevolizzarsi e ha un basso concetto di sé. Gli spettatori infine sono coloro che assistono alle prevaricazioni o ne sono a conoscenza ma fanno finta di non vedere.
Gli atti di bullismo si possono configurare in azioni dirette fisiche o verbali e indirette. Il bullismo diretto fisico si manifesta nell’aggressione fisica o nell’estorcere denaro e beni materiali. Il bullismo diretto verbale invece implica azioni come minacciare, offendere con parolacce ed insulti, diffamare, deridere per l’aspetto fisico o per il modo di parlare. Il bullismo indiretto è più subdolo e più difficile quindi da individuare ma altrettanto dannoso, mirando deliberatamente all’esclusione dal gruppo, all’isolamento o alla diffusione di pettegolezzi e calunnie sul conto della vittima. In questo contesto s’inserisce anche il cyberbullismo che può essere definito come un atto aggressivo ed intenzionale, prevaricante o molesto compiuto attraverso strumenti telematici ed intenzionale condotto principalmente attraverso il web. In questo caso il bullo può mantenere nella rete l’anonimato, usufruire di un pubblico più vasto e controllare le informazioni personali della sua vittima che al contrario, non sempre ha la possibilità di vedere il volto dell’aggressore o di scollegarsi dall’ambiente informatico. Anche nel cyberbullismo ci sono dei segnali da cogliere quali la chiusura improvvisa di finestre di internet, un eccessivo utilizzo del computer o atteggiamenti comportamentali diversi dal solito che, ad un’attenta osservazione della vittima, devono poter indirizzare verso un sospetto di bullismo telematico che in alcuni casi ha portato finanche al suicidio.
È indubbio che la moderna società nella quale oggi viviamo attraversa un momento di grave crisi dove sembrano essere scomparsi quei valori fondamentali quali l’etica, il rispetto ed i principi educazionali, dove assistiamo ad abominevoli reati spesso consumati all’interno delle mura domestiche quali il femminicidio, la pedofilia, la pedo-pornografia. La famiglia tradizionale è stata sostituita da moderne convivenze dove i figli vedono sovrapporsi nuove figure genitoriali che tendono a destabilizzare il loro equilibrio, la famiglia non rappresenta più infatti il porto sicuro nel quale rifugiarsi, è diventata vulnerabile, concede tutto su un falso concetto d’amore e buona genitorialità per supplire spesso alle proprie manchevolezze. Non a caso infatti Freud affermava che quello del genitore è “il mestiere più difficile”. Educare significa etimologicamente “trarre fuori”, ma ciò richiede impegno, fatica, responsabilità e questo trarre fuori dai nostri giovani è difficilmente applicabile ai modelli educativi familiari oggi vigenti e quindi spesso viene demandato alla scuola. Ma la stessa scuola non sempre è in grado di sopperire a questo vuoto valoriale che purtroppo la famiglia intesa come tale per le più svariate ragioni, lavorative temporali ed economiche, non è più in grado di dare.
In questo contesto di crisi valoriale il bullismo simboleggia questa difficoltà educativa che, secondo gli psicologi, rappresenta una vera e propria emergenza ma che può essere contrastata a partire proprio dall’intervento nella scuola. In tale ambito scolastico sarebbe dunque auspicabile la figura dello psicologo che, attraverso la valutazione dei fattori di rischio individuali familiari ed ambientali, potrebbe lavorare nell’ambito della prevenzione e dell’individuazione di tale fenomeno. Non bisogna dimenticare da ultimo poi, che le vittime del bullismo spesso anche in età adulta possono andare incontro a disturbi di tipo depressivo, attacchi di panico o agorafobia. È necessario pertanto ripartire da una autentica educazione degli adolescenti che sappia trasmettere quei valori quali il rispetto, la tolleranza, l’amicizia, la solidarietà ed infondere loro il concetto che il “diverso” deve essere visto come una persona da aiutare e non da vittimizzare. Solo in questo modo ci può essere la speranza in una società migliore che sarà quella costruita dai nostri giovani, futuri uomini di domani.
Stefano Ojetti – Vicepresidente nazionale Amci (Associazione Medici Cattolici Italiani)