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Altri due carabinieri indagati

Ci sono altri due carabinieri indagati nell'ambito degli accertamenti su presunti atti falsificati seguiti alla morte di Stefano Cucchi. 

I militari

Si tratta di Francesco Di Sano, della stazione di Tor Sapienza, e del luogotenente Massimiliano Colombo, comandante della stessa caserma, che sarà interrogato la prossima settimana dopo essere stato tirato in ballo dallo stesso Di Sano. Nella testimonianza resa in corte d'assise il 17 aprile scorso nel processo a cinque militari dell'Arma (che rispondono a vario titolo di omicidio preterintenzionale, falso e calunnia) in relazione a due false annotazioni di servizio sullo stato di salute del geometra 31enne (poi deceduto il 22 ottobre 2009 all'ospedale Pertini), Di Sano ha ammesso di aver dovuto ritoccare il verbale senza precisare da chi gli fu sollecitata la modifica. “Certo il nostro primo rapporto è con il comandante della stazione, ma posso dire che si è trattato di un ordine gerarchico“, ha spiegato. E in quella stessa udienza anche il piantone Gianluca Colicchio, che subentrò a Di Sano nella custodia di Cucchi, ha parlato di anomalie in una relazione di servizio.

Dopo le accuse

Francesco Tedesco, il carabiniere che ha accusato gli altri due militari coinvolti nel processo, verrà, invece, ascoltato entro gennaio in aula nell'ambito del dibattimento in corso. Tedesco, già interrogato tre volte dal pm Giovanni Musarò, dovrà ribadire davanti alla corte le accuse a Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo arrivate a nove dalla morte di Cucchi. “Sono rinato. Ora non mi interessa nulla se sarò condannato o destituito dall'Arma”: sono le parole cheTedesco ha affidato ieri al suo avvocato, Eugenio Pini, dopo la notizia delle sue accuse a due carabinieri. “Ho fatto il mio dovere; quello che volevo fare fin dall'inizio e che mi è stato impedito”.

La sorella

Oggi è, intanto, tornata a parlare Ilaria Cucchi, sorella di Stefano. “Una cosa che non tutti sanno è che mio fratello in quei sei giorni in cui moriva da solo come un cane in realtà non era da solo, perché poi li abbiamo contati durante il processo, lui è stato visto, è entrato in contatto con qualcosa come 140 o 150 pubblici ufficiali, non cittadini comuni, che hanno avuto in qualche modo, a vario titolo, a che fare con lui e che hanno visto man mano il degenerare di quelle condizioni fisiche che lo hanno portato alla morte”.

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