Nei giorni scorsi ha fatto discutere l'ipotesi di un balzello sulle bibite gassate, giornalisticamente battezzata “tassa sulla Coca-Cola”. La sugar tax diventa sovranista: “Nessuna tassa se lo zucchero usato è italiano”. Secondo uno dei promotori dell'iniziativa, il viceministro all'Istruzione Lorenzo Fioramonti (M5s), se si decidesse di applicare un obolo di 10 centesimi per ogni litro di bevanda zuccherata, lo Stato potrebbe incassare 235 milioni l’anno. Interpellato sull'argomento, il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha commentato lapidario: “Non è il momento di introdurre nuove tasse”.
La “sugar tax” sovranista
La questione sembrava chiusa. Oggi, tuttavia, si è riaperta. Il ministro dell'Agricoltura, Gian Marco Centinaio, ha ipotizzato, se proprio la tassa dovesse entrare nella Manovra, di darle un tono “sovranista”. In che senso? Lo spiega lui stesso: “Se lo zucchero che viene utilizzato è italiano, non la tasserei. Comincerei a fare dei ragionamenti a tutela dei nostri produttori“.
Come funziona negli altri Paesi
Sono già 50 i Paesi che applicano una tassa sulle bevande zuccherate, come riferisce Il Fatto Alimentare. I motivi sono il contrasto all'obesità e al diabete attraverso una deterrenza all'acquisto oppure un invito ai produttori a utilizzare minore quantità di zucchero. Tra questi Paesi la Francia, che ha introdotto una forma di “sugar tax” già nel 2012. Altrettanto ha fatto solo pochi mesi fa il Regno Unito, dove sulle bibite contenenti più di 5 grammi di zucchero per ogni 100 millilitri viene applicata un’accisa da 18 pence, che sale a 24 pence al litro per le bibite con più di 8 grammi di zucchero per ogni 100 millilitri.