Tutt'altro che svanite, secondo l'Intelligence americana, le minacce del terrorismo e dell'armamento nucleare nei confronti degli Stati Uniti. Un dossier stilato dai più alti funzionari della Sicurezza del Paese, infatti, ha di fatto smentito l'ottimismo manifestato a più riprese dall'amministrazione Trump su temi come, ad esempio, l'arretramento dell'Isis, annunciato come una vera e propria sconfitta loro inflitta, ma anche sulla denuclearizzazione di Pyongyang, nonostante le riserve emerse negli ultimi tempi e delle quali si dovrà discutere nel prossimo imminente vertice. Non è la prima volta che i vertici dell'Intelligence americana, tra cui il direttore dell'intelligence nazionale Dan Coats e quello della Cia, Gina Haspel, si trovano in antitesi rispetto alla linea presidenziale su determinati temi. Le rivelazioni contenute nel dossier congiunto, a ogni modo, gettano un'ulteriore ombra preoccupante sugli Stati Uniti costretti, secondo gli organi di sicurezza, a guardarsi ancora le spalle da avversari dichiarati sconfitti.
L'Isis
Per quanto riguarda l'Isis, la dichiarazione di Trump del 19 dicembre scorso in merito al ritiro delle truppe americane dalla Siria, in quanto il sedicente Stato islamico sarebbe stato socnfitto, non ha mai convinto i vertici dell'Intelligence, secondo i quali “l'Isis è intenzionata a risorgere e continua a comandare migliaia di combattenti in Iraq e in Siria”. Affermazioni che, in buona parte, stridono con quelle del segretario di Stato Mike Pompeo che, solo pochi giorni fa, aveva spiegato che non sarebbe dovuto passare inosservato il fatto che “abbiamo anche sconfitto il califfato in Siria e Iraq insieme a più di sei dozzine di nazioni nella Global Coalition”, concedendo però che “c'è molto più lavoro da fare”. E su questo l'Intelligence è d'accordo: “L'Isis – ha spiegato Coats – cercherà di sfruttare le lamentele sunnite, l'instabilità della società e le forze di sicurezza estese per riconquistare territorio in Iraq e Siria… E' tornato alle sue radici nella guerriglia continuando a pianificare gli attacchi e dirigere i suoi sostenitori in tutto il mondo”.
La Corea
Sul lato “coreano”, invece, l'ottimismo vigente dopo il vertice di Singapore sembra in buona parte svanito. E se il 13 giugno il presidente annunciava su Twitter che “non c'è più una minaccia nucleare dalla Corea del Nord”, è anche vero che il processo di denuclearizzazione richiesto a gran voce sembra procedere estremamente a rilento, tanto che il secondo incontro fra Trump e Kim sembra in procinto di svolgersi con le stesse tensioni (o per lo meno gli stessi argomenti) del primo. Anche qui, dai dipartimenti di Sicurezza la pensano in un modo guardingo: “Attualmente valutiamo che la Corea del Nord cercherà di mantenere le sue capacità di distruzione di massa e difficilmente rinuncerà completamente alle sue armi nucleari e capacità produttive perché i suoi leader considerano le armi nucleari come fondamentali per la sopravvivenza del regime”. I funzionari hanno dato atto a Pyongyang di non aver più effettuato test balistici ma, per la dismissione totale degli impianti, il discorso potrebbe essere ben diverso.