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Quando il sangue dei martiri bagnò il suolo spagnolo

Ottant'anni fa con la fine della Guerra civile spagnola terminava anche la persecuzione religiosa avviata con l'inizio della Seconda Repubblica, proclamata il 14 aprile 1931. Nel contesto del conflitto che vide fronteggiarsi, dal 1936, repubblicani e franchisti e i rispettivi alleati, il fenomeno persecutorio raggiunse livelli mai visti nella storia della Chiesa spagnola e in Europa. Il bilancio finale fu di 13 vescovi, 4.184 fra sacerdoti e seminaristi, 2.365 religiosi, 283 suore e 4.000 mila di laici uccisi. Secondo mons. Vicente Cárcel Ortí, storico spagnolo che da 50 anni è a Roma, l'analisi successiva al lungo inverno “franchista” ha finito per riabilitare, sino a mitizzare, il periodo repubblicano. Una pagina della storia iberica, sostiene, non meno vergognosa, visto che la Repubblica, più volte, sembrò agire come longa manus dello stalinismo sovietico

La Spagna del XX secolo è diventata la terra di martiri della fede. In che contesto ideologico e politico si è arrivati persecuzione religiosa?
“E’ un lento processo che comincia nel secolo XIX con un grande movimento anticlericale. Nella Spagna di allora la Chiesa aveva stretti legami con la monarchia, sanciti dai concordati. In pratica il cattolicesimo era la religione di Stato, così come l'ortodossia lo era in Grecia e Romania e l'anglicanesimo in Inghilterra. Negli anni 20 il re Alfonso XIII consegnò il potere al gen. Primo de Rivera, che instaurò la dittatura militare. Il regime da un lato soppresse le attività del parlamento, i partiti politici e i sindacati, ma dall’altro, assicurò la sicurezza e lo sviluppo economico, tra l’altro, con le opere pubbliche. L'economia subì, però, un drastico stop con la grande crisi del 1929. L’anno successivo i repubblicani – i fautori della Spagna repubblicana – vinsero le elezioni municipali. Di conseguenza il gen. Primo de Rivera lasciò il potere, mentre il re abbandonò il Paese. In questa situazione le forze repubblicane il, 14 aprile 1931, presero il potere e proclamarono la Repubblica”.

Perché fu scatenata la repressione contro la Chiesa e i suoi fedeli?
“I repubblicani avevano accumulato tanto odio verso la monarchia e tutto quello che a essa era legato, compresa la Chiesa. Così, una volta arrivati al potere, cominciarono a colpire quanti consideravano loro nemici. Il primo obiettivo, il più facile perché indifeso, era la Chiesa. Ma mentre a livello governativo la repressione era attuata attraverso misure legislative, in strada estremisti anarchici, socialisti e comunisti avevano cominciato ad esercitare violenza contro le persone e le cose”.

A quale tipo di persecuzioni era sottoposta la Chiesa nel periodo repubblicano?
“Tra il 1931 e il 1936 vennero adottate numerose misure contro la Chiesa e la pratica della fede cattolica. Queste leggi miravano alla realizzazione di una concezione radicale e antidemocratica della separazione fra religione e Stato. La vera e propria persecuzione violenta cominciò, però, nel 1934 con i 'martiri di Turón', già canonizzati, e durante la 'Rivoluzione comunista delle Asturie', quando furono assassinati 37 fra sacerdoti, religiosi e seminaristi e incendiate 58 chiese. Dopo il 1936 in tutte le principali città, cattedrali, comunità religiose e parrocchie venerro prese d'assalto, saccheggiate e date alle fiamme. Si volevano cancellare gli stessi segni della tradizione cattolica spagnola. L'odio nei confronti della fede andò persino oltre gli eccidi, esprimendosi in migliaia di atti sacrileghi: le ostie consacrate venivano sparse per strada e calpestate, si pasteggiava con le particole, le chiese erano usate come stalle, si toglievano le pietre sacre degli altari, da preti e suore si cercava di estorcere un'abiura sotto la minaccia delle armi. Aggiungo che le persecuzoni iniziarono anni prima della guerra civile, per cui non si potevano accusare la Chiesa di stare dalla parte di Franco”.


mons. Vicente Cárcel Ortí indica i nomi dei martiri

La Chiesa era contraria al governo repubblicano?
“Sin dal primo momento i vescovi avevano riconosciuto come legittimo il governo repubblicano. Il problema era che le autorità repubblicane da sempre manifestavano la loro aperta ostilità verso i cattolici. Dopo i fatti delle Asturie, nell’estate del 1936 socialisti, comunisti ed anarchici scatenarono la maggiore persecuzione religiosa della storia di Spagna nel tentativo di annientare fisicamente la Chiesa cattolica, sia le persone, sia le cose; la persecuzione durò fino all’aprile 1939”.

Franco, invece, come si comportò?
“Nella parte occupata dai nazionalisti il clero non venne toccato e le chiese restarono integre. Il martirio ebbe luogo solo nelle zone 'rosse'. I repubblicani, invece, si accanivano anche sui conventi. Nella mia diocesi, qualle di Valencia, furono abbattuti più di mille edifici sacri”.

Quando sono cominciati i processi di beatificazione dei martiri spagnoli?
“Finita la guerra civile, nel 1939, la Santa Sede chiese di raccogliere nelle diocesi e nelle parrocchie i dati riguardanti la persecuzione. Questi processi cominciarono negli anni ’40 e continuarono negli anni ’50. Dopo furono mandati a Roma per la fase 'romana' dei processi presso la Congregazione delle Cause dei Santi. Ma Paolo VI decise di fermare l’iter ritenendo che fosse opportuno che passassero 50 anni da quei fatti dolorosi. Per di più, il Papa pose una condizione: la Spagna doveva avere un governo democratico. La prima beatificazione dei martiri spagnoli della persecuzione religiosa fu celebrata nel 1987 da Giovanni Paolo II, si trattava di 3 suore carmelitane di Guadalajara. Così iniziarono le beatificazioni dei nostri martiri. Finora sono state celebrate una ventina di cerimonie di beatificazione e canonizzazione, alcune molto numerose, elevando agli onori degli altari finora 1.914 persone. Mi risulta che presso la Congregazione delle Cause dei Santi siano pendenti processi riguardanti altre 2.000 persone”.

La Chiesa è stata diverse volte accusata di riaprire vecchie ferite con le beatificazioni dei martiri della guerra civile spagnola…
“E’ una polemica pretestuosa, che ha una forte impronta ideologica e politica. Le vittime beatificate e canonizzate non sono mai state definite 'martiri della guerra civile', ma della persecuzione religiosa. Fin dalle sue origini, la Chiesa ha reso onore a chi ha pagato col sangue la propria fede continuerà a farlo”.

E' possibile trasformarli in simbolo di riconsiliazione?
“Oggi si abusa del termine 'martire', che nel linguaggio corrente raccoglie varie accezioni, anche se la più genuina ed originale è quella che indica chi soffre o muore per amore di Dio, come testimone della sua fede, perdonando e pregando per il suo giustiziere, come Cristo sulla Croce. Dietro i 'martiri cristiani' non ci sono bandiere politiche né ideologie: ci sono solo la fede in Dio e l’amore per il prossimo. Queste persone non hanno fatto guerre, né le hanno fomentate, né hanno mai preso parte a lotte tra partiti di opposta fazione. Sono stati portatori di un messaggio eterno di pace e d’amore, che illumina la nostra fede e alimenta la nostra speranza”.

La beatificazione dei martiri della persecuzione religiosa coincide con la decisione del parlamento spagnolo di onorare le vittime del regime di Franco. Chi furono?
“Erano i caduti della guerra, prima, e della repressione, dopo, che interessò i nemici ideologici dei vincitori. Questa fase più violenta, anche se durò poco. Contro i nemici di Franco si fecero processi di cui rimangono gli atti. Va però chiarita una cosa: i repubblicani non lottavano per la democrazia e la libertà ma per instaurare un regime di tipo sovietico. Franco sosteneva che la sua fosse una guerra contro il comunismo. In effetti, se non avesse vinto, avremmo avuto l’unione sovietica spagnola”.

La sinistra mondiale identifica, da sempre, i repubblicani spagnoli come il bene e Franco come il male…
“Senza l'intervento dei nazionalisti la Chiesa sarebbe probabilmente scomparsa. Ai tempi, però, nessuno sapeva che Franco sarebbe diventato un dittatore. Per cui, quando alcuni ambienti esigono dalla Chiesa una richiesta di perdono per i rapporti col regime, io dico: chiedere scusa per cosa, per aver avuto 10mila martiri?”. 

L'intervista integrale in polacco è pubblicata sul settimanale Niedzela 

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