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Quanto ci costa il cambio d'ora?

Il cambio stagionale dell’ora è una tradizione consolidata da decenni ma questa alternanza, che nacque per sfruttare al meglio la luce durante i mesi caldi e massimizzare il risparmio energetico, sta per giungere al termine: qualche giorno fa, infatti, il Parlamento europeo, con 410 voti favorevoli, 192 contrari e 51 astenuti, si è espresso a favore della fine del passaggio dall’ora solare a quella legale che, se si trovasse un accordo tra i vari Stati membri, si attuerà al più tardi ad ottobre 2021.

La “patata bollente” ora passa alla Commissione che si dovrà esprimere sulla cosa, forte, però, dell’indirizzo dato da una consultazione, effettuata tempo fa, in cui si chiedeva ai cittadini di esprimersi a favore o contro il cambio orario due volte l’anno, che ebbe un grande successo con 4,6 milioni di risposte; con l’84% di risposte contrarie al regime orario stagionale lo stesso Jean-Claude Juncker è, poi, arrivato a sbilanciarsi sulla questione dichiarando “Decideremo oggi. Milioni di persone pensano che l'ora legale (“summertime”) debba restare tutto l'anno”

La frase di Juncker, però, mostra l’equivoco in cui sono caduti praticamente tutti i media che hanno parlato di abolizione dell’ora legale, quando la parola summertime indica esplicitamente l’orario estivo: la Commissione europea si dovrà esprimere sull’estensione dell’ora legale a tutto l’anno e non il contrario.

Benché la suddivisione del tempo sia sempre stata calcolata partendo dal movimento apparente del Sole nel cielo, con gli gnomoni prima e con le meridiane poi, già in epoca romana la struttura convenzionale del giorno in ore indicava come “ora prima” quella seguente all’alba, indipendentemente dall’istante in cui questo evento si verificasse. L’idea dell’ora legale, quindi, non fa che riprodurre, più o meno, questo metodo di calcolo stagionale in un’ottica di risparmio energetico.

Fu Franklin, per primo, a fine ‘700, a ipotizzare per primo questa idea. Ma solo con le esigenze economiche imposte dalla Prima Guerra Mondiale questo modello fu adottato con l’introduzione, nel 1916 del British Summer Time che, in seguito, venne adottato da diversi altri Stati.

La domanda che sorge, a questo punto, è se veramente questo escamotage possa generare dei risparmi, come l’ipotesi principale al modello prevedrebbe. La risposta non è così banale perché in origine, con l’identità elettricità = illuminazione, la cosa era evidente, mentre oggi potremmo dire che il vantaggio economico sia molto più sfumato.

Prendendo il caso italiano, secondo i dati di Terna, il risparmio effettivo dato dall’applicazione dell’ora legale è di circa lo 0,2% complessivo sul consumo annuo, con un picco nei mesi di aprile e ottobre (le “mezze stagioni”) per un totale di circa 550 milioni di chilowattora nei sette mesi estivi.

Perché così poco? Perché i minori consumi dal lato dell’illuminazione sono, in parte, compensati dalla climatizzazione degli ambienti nel periodo estivo, dall’uso degli strumenti informatici e dal settore produttivo sempre più energivoro.

Certo si potrebbe quantificare il risparmio in termini monetari, che è di circa 100 milioni di euro all’anno, in crescita rispetto al passato solo perché il calcolo può essere fatto a costi vigenti e 10 anni fa, ad esempio, anche attualizzando i prezzi, il costo medio del KWh era inferiore, sia perché dipendente dalla dinamica delle quotazioni delle materie prime sia perché la componente fiscale (anche solo considerando le fasi produttive) non è esattamente trascurabile.

Le cifre crude, comunque, sono sempre di aiuto per comprendere la vera portata a livello economico della convenzione oraria estiva; nel 2007 con l’ora legale si sono risparmiati 645 milioni di KWh per un complessivo di 84,3 milioni di euro mentre nel 2017, ultimo dato utile, il risparmio è stato di 567 milioni di KWh per 104 milioni di euro. in ogni caso un’inezia se valutato a livello pro-capite, poiché si parla di poco più di 1,7 euro a testa.

Dove sta, invece, il vantaggio nell’estensione dell’ora legale a tutto l’anno, allora, ci si potrebbe chiedere?Innanzitutto a livello ambientale, visto che l’energia elettrica è prodotta principalmente, circa per i due terzi, da combustibili fossili, principalmente metano ma anche, se pur in misura modesta, carbone; questo risparmio, però, può arrivare a rappresentare un beneficio ambientale considerevole se considerato in aggregato tra tutti gli Stati membri dell’Unione, soprattutto valutando la situazione in quelli dove la produzione elettrica dipenda soprattutto dal carbone, come la Polonia o la Germania.

L’altro punto importante, poi, riguarda i bioritmi e le abitudini delle persone. Mantenendo l’ora legale anche nei mesi invernali si potrebbe avere un’ora di luce in più al termine dell’orario lavorativo che, se da un lato, potrebbe rappresentare meramente un vantaggio a livello dell’umore, dall’altro potrebbe diventare una rivoluzione a livello del cosiddetto work-life balance permettendo diverse attività che, prima, risultavano limitate da un tramonto anticipato, come la chiusura degli impianti di risalita per gli sport invernali che, in prospettiva, potrebbe essere allungata di un’ora permettendo una maggiore fruizione del pubblico proprio nei mesi in cui restano aperti.

Questo è un esempio, forse, un po’ stupido ma disegna bene lo scenario che verrebbe a crearsi con l’abolizione del cambio dell’ora e l’adozione unicamente dell’ora estiva convenzionale durante tutto l’anno. Certo i vantaggi maggiori li avrebbero gli stati del sud dove le giornate sono più corte in estate e più lunghe d’inverno rispetto quelli del nord ma probabilmente, alla fine, tutti avrebbero da guadagnarci da questo se pur piccolo cambiamento, magari non nel portafoglio ma sicuramente a livello di qualità della vita.

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