E'la prima volta che, dall'arresto e l'estradizione di Cesare Battisti nel gennaio scorso, l'ex presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva (sul quale verte una condanna in secondo grado per corruzione nell'ambito dell'inchiesta Lava Jato), si esprime sulla questione nel corso di un'intervista in merito. Una dichiarazione sintetica ma che da il peso di come andò all'epoca della concessione a Battisti dell'asilo nel 2007 e dello status di rifugiato due anni dopo. Non solo: l'allora numero uno di Planalto ha precisato di non pentirsi di averlo fatto, nemmeno in virtù di come sono andate le cose successivamente (il lungo tira e molla sull'estradizione, richiesta avanzata dal governo italiano e accordata solo nel 2019) e le ammissioni dell'ex pac sugli omicidi contestati dalla giustizia italiana. Secondo Lula, infatti, il mancato pentimento è dovuto al fatto che “non sapevo, le informazioni che avevo ricevuto dal ministero della Giustizia, che aveva seguito il processo, indicavano che non aveva commesso questi crimini”. In sostanza, l'ex presidente avrebbe concesso l'asilo su indicazione di quello che, allora, era il ministro della Giustizia del suo governo, Tarso Genro.
Nessun pentimento
Nessuna retromarcia, dunque, nemmeno alla luce delle più recenti dichiarazioni dell'ex terrorista italiano, accusato di aver avuto un ruolo in quattro omicidi risalenti agli anni 70, due dei quali eseguiti materialmente. Lula giustifica la concessione dell'asilo a un terrorista perché fuorviato da informazioni incomplete, senza però fare mea culpa neanche dopo le dichiarazioni che hanno confermato le accuse mosse dal governo italiano. Battisti, estradato il 12 gennaio scorso dopo l'arresto avvenuto in Bolivia, al momento si trova nel carcere di Oristano, dove resterà in condizione di isolamento per 6 mesi. Le ammissioni di colpevolezza rispetto a quanto gli era contestato sono arrivate il 25 marzo scorso, durante il primo colloquio avvenuto con i pm all'interno del carcere, chiedendo scusa ai familiari delle vittime.