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Il mistero delle reliquie di Gesù

Ogni vivente lascia dietro di sé sulla terra delle tracce materiali. È pertanto impossibile che non le abbia lasciate colui che ha avuto il più grande influsso sulla storia dell’umanità”. Questo l’incipit della prefazione di “Testimoni del mistero – Le reliquie di Gesù” (ed. Lev, 2019), una corposa e minuziosa opera del giornalista Grzegorz Gorny e del fotografo Janusz Rosikon, entrambi polacchi. I due hanno lavorato due anni girando in lungo e in largo Europa e Medio Oriente per studiare, avvalendosi del parere scientifico degli esperti, le “tracce materiali” che Gesù ha lasciato sulla terra: reliquie venerate da milioni di fedeli ad ogni latitudine ed in ogni epoca da duemila anni a questa parte.

Le reliquie

Gli autori, attraverso un ordinato percorso, offrono al lettore storia, studi, immagini e mistero di alcune delle più celebri reliquie: la sindone di Torino, la Santa Croce, i Santi Chiodi, il Sudario di Oviedo, la Tunica di Argenteuil, la Veste di Treviri, il Velo di Manoppello, la Colonna della Flagellazione, la Corona di Spine. E ancora: la lancia con cui fu aperto il costato di Gesù, i suoi sandali, altri teli con cui sarebbe stato coperto il corpo del Salvatore (tra i quali una cuffia conservata a Cahors, in Francia). Un ultimo capitolo del libro, infine, è dedicato al Golgota e alla tomba vuota. A tal proposito, il libro racconta della straordinaria scoperta fatta il 26 ottobre 2016 da un gruppo di archeologi greci, intervenuti nella Basilica del Santo Sepolcro su commissione dei sovrintendenti perché il luogo sacro era a rischio crollo. Ebbene, gli scienziati, sottoponendo ad analisi un pezzo di malta che era servita a fissare una lastra al letto di roccia che fino a quel momento si era creduto fosse stata affissa dai crociati, hanno scoperto che invece risale al 345 e, quindi, ai tempi dell’imperatore Costantino, quando la Basilica venne costruita. “Ciò significa – osserva l’autore del testo – che la tomba in cui si sono imbattuti era già oggetto di culto fin dal IV secolo dopo Cristo; e quindi immediatamente dopo il ritrovamento effettuato da sant’Elena”. L’archeologa greca Antonia Moropoulou, incontrata dal giornalista Gorny, non ha dubbi sul fatto che in questo luogo sia stato sepolto Gesù di Nazareth.

Scienza, fede, misticismo

È un caso, questo, in cui la scienza corrobora la fede. E non è l’unico, anzi. Nel libro si dà ampio spazio alla questione della Sindone di Torino, con annessi i tentativi che periodicamente si ripropongono di dimostrare che il celebre lenzuolo sarebbe una contraffazione avvenuta nel Medioevo. L’ultima parola, tuttavia, è quella del gruppo di fisici dell’Enea di Frascati, diretto dal prof. Paolo Di Lazzaro, i quali hanno scoperto nel 2016 che l’immagine della Sindone “si sarebbe formata come risultato del liberarsi nel corpo di un’energia gigantesca in un tempo inimmaginabilmente breve. Un laser così potente da produrre un effetto similare non è ancora stato inventato. Ottenere un’immagine simile va oltre le capacità della tecnica umana del XXI secolo”. Scienza che invece lascia spazio soltanto alla fede nel caso di un altro famoso Velo, quello di Manoppello, località dell’Abruzzo in cui è conservato. Secondo tradizione si tratterebbe del panno usato da Santa Veronica per asciugare il volto di Cristo durante la salita sul Calvario. Ma è impossibile avere riscontri scientifici, poiché gli studiosi affermano che se si tentasse di tirar fuori la reliquia dai due vetri che la tengono da secoli, “il tessuto molto probabilmente andrebbe in pezzi”. Ma in questo caso ad interrogare l’uomo ci pensa non la prova empirica ma il misticismo. A rilanciare un nesso tra Sindone e Velo di Manopello è stata la mistica Maria Valtorta, che in un suo scritto del 1944 avverte: “Il Velo è un pungolo alla vostra anima scettica. Confrontate, voi che procedete per aridi esami, voi razionalisti, voi tiepidi, vacillanti nella fede, il Volto del Sudario (cioè quello di Manopello) e la Sindone. L’uno è il volto di un vivo, l’altro quello di un morto. Ma lunghezza, larghezza, caratteri somatici, forma, caratteristiche, sono uguali. Sovrapponete le immagini. Vedrete che corrispondono. Sono Io. Io che ho voluto ricordarvi com’ero e come sono diventato per amor vostro. Se non foste dei perduti, dei ciechi, dovrebbero bastarvi quei due Volti per riportarvi all’amore, al pentimento, a Dio”. Padre Andrea Resch, teologo e studioso di fenomeni paranormali, evidenzia che questa dichiarazione “trascende la naturale sapienza di Maria Valtorta”, poiché “a quel tempo nessuno aveva ancora pensato alle possibili somiglianze tra le due immagini”.

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