Si arriverà al 3 giugno per la presentazione della legge attuativa sull'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. Il testo, come annunciato dalla premier Theresa May al termine di un incontro con Jeremy Corbyn a Downing Street, arriverà sui banchi del Parlamento all'inizio del prossimo mese, con l'obiettivo di completare l'intero iter entro luglio, ovvero prima della pausa estiva. In sostanza, il 3 giugno sarà la scadenza definitiva: entro quella giornata, tutti i piani, i programmi e gli eventuali appunti dell'ultim'ora, dovranno convergere nel piano finale, così da avere il dossier pronto prima della chiusura dei lavori per l'estate. Idea, quella della premier, che trova d'accordo anche il ministro per la Brexit, Steve Barclay: “E' giusto che il primo ministro chiarisca che ci deve essere un punto finale per i colloqui”. I quali, ha specificato May, andranno avanti pressoché senza sosta, allo scopo di confratarsi fra partiti e mettere nero su bianco un piano di accordo che butti definitivamente alle spalle i tre stroncati in precedenza.
La legge
Il Regno Unito deve necessariamente approvare una legge per poter attuare l'accordo sul ritiro, così come previsto dalla legislazione specifica sulla Brexit approvata lo scorso anno. Una legge che, fra le altre cose, preserverebbe alcuni diritti dei britannici, oltre che consentire i “pagamenti di divorzio” e garantire anche le risorse per il confine irlandese. Ovviamente, per passare la legge ha bisogno che Tory e Labour vadano d'accordo, il che significa stretta di mano e unità di intenti fra i due leader rivali, Theresa May e Jeremy Corbyn. I colloqui, già avviati ormai da settimane, non sembrano tuttavia proseguire nel migliore dei modi, se non altro perché è il governo stesso a essere tutt'altro che stabile. Secondo il segretario agli Esteri, Jeremy Hunt, raggiungere un compromesso non è impossibile anche se, ammette, una data ultima era necessaria perché i colloqui non potevano più continuare “indefinitamente”.
Unione doganale
Uno dei nodi principali riguarda ancora l'unione doganale: con l'accordo precedente, la Gran Bretagna vi sarebbe rimasta solo il tempo necessario. Una circostanza che andava per nulla bene ai falchi Tories, mentre i laburisti premono tuttora affinché questo punto resti una prerogativa: restare nell'unione e continuare a non porre tariffe interne sulle merci vendute tra Regno Unito e il resto dell'Ue. Opzione che non piace al governo (in particolare ai brexiteers più oltranzisti) che, in questo modo, si ritroverebbe privo della possibilità di negoziare accordi commerciali con altri Paesi del mondo.