La rapida escalation della guerra commerciale non ha “fatto di nuovo grande l'America”, usando lo slogan di Donald Trump, ma ha danneggiato l'economia Usa: il libro bianco cinese sul contenzioso commerciale con Washington, diffuso oggi, rimarca che “la sovranità e la dignità di un Paese devono essere rispettate e qualsiasi accordo raggiunto dalle due parti deve basarsi su uguaglianza e beneficio reciproco”. La Cina, ad ogni modo, vuole “una soluzione attraverso il dialogo, ma non accetterà compromessi sui principi primari”. Secondo il viceministro all'Informazione Guo Weimin, gli Stati Uniti hanno l'intera responsabilità della guerra sui dazi. Il presidente americano Donald Trump intende imporre dazi sui prodotti importati dal Messico se il Paese non affronterà il problema dell'immigrazione clandestina. A confermarlo è il capo di gabinetto della Casa Bianca, Mick Mulvaney parlando alla Fox. “Il presidente non poteva essere più serio – ha spiegato – mi aspetto che le tariffe aumentino almeno del 5% il 10 giugno”. Trump ha annunciato giovedì che potrebbero poi aumentare i dazi gradualmente di cinque punti percentuali al mese, fino al limite del 25% in ottobre e che gli Stati Uniti si riservano il diritto di ritirarli a loro esclusiva discrezione sulla base di misure adottate dal Messico per agire contro i clandestini.
Lo scontro sulle cifre
“Ogni giorno 2.500 persone attraversano il confine, rispetto ai 700 di alcuni anni fa, i numeri sono enormi, la situazione è molto reale e il presidente è determinato a risolvere il problema”, ha insistito Mulvaney. Il capo dello staff della Casa Bianca ha esortato il Messico a “proteggere” il suo confine meridionale, attraversato troppo facilmente, secondo l'amministrazione Trump, da migliaia di migranti provenienti da Honduras, El Salvador e Guatemala in fuga dalla miseria e dalla violenza per chiedere asilo negli Stati Uniti. “Quando lasci un paese come El Salvador, di solito chiedi asilo nel primo paese sicuro in cui entri. Il Messico è un paese sicuro, le persone dovrebbero essere in grado di rimanere lì se sono veramente in cerca di asilo”, ha spiegato Mulvaney Mulvaney ha ulteriormente minimizzato l'impatto che questi dazi potrebbero avere sull'economia degli Stati Uniti, assicurando che “l'inflazione resta sotto controllo”. E ha anche ribadito che Washington non sta mettendo in discussione il nuovo accordo di libero scambio nordamericano (Usa, Messico, Canada), la cui procedura di ratifica è stata avviata questa settimana dai governi dei tre paesi. “È una questione di immigrazione, le due cose sono separate”, ha precisato.
Gli effetti sull’agroalimentare
Dopo Cina, Messico e India, la prossima vittima della guerra dei dazi scatenata dal presidente degli Stati Uniti rischia di essere l’Unione Europea nei confronti della quale si è appena conclusa il 28 maggio la procedura di consultazione avviata dal Dipartimento del Commercio (Ustr) sulla lista dei prodotti da colpire, che comprende tra l’altro circa il 50% degli alimentari e delle bevande Made in Italy esportate in Usa. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti divulgata in occasione della visita in Gran Bretagna di Donald Trump che ha peraltro espresso il suo sostegno ad una Brexit senza accordo con l’Unione Europea che rischia di creare il caos nel vecchio continente. “La disputa sull’industria aeronautica ha portato gli Usa alla definizione di una black list di prodotti europei da colpire con dazi che – sottolinea Coldiretti in un comunicato – ha un importo complessivo di 11 miliardi di dollari e comprende anche importanti prodotti agricoli e alimentari di interesse nazionale come i vini tra i quali il Prosecco ed il Marsala, formaggi, ma anche l’olio di oliva, gli agrumi, l’uva, le marmellate, i succhi di frutta, l’acqua e i superalcolici tra gli alimentari e le bevande”. Si tratta, riferisce Lapresse, di una serie di prodotti che riguardano oltre la metà degli alimentari e delle bevande Made in Italy esportate in Usa dove nel 2018 si è registrato il record per un valore di 4,2 miliardi (+2%), secondo l’analisi della Coldiretti su dati Istat. Il bene più colpito è il vino, dal Prosecco al Marsala, che, con un valore delle esportazioni di quasi 1,5 miliardi di euro nel 2018, è anche il prodotto agroalimentare italiano più venduto negli States ma in pericolo ci sono anche altri simboli del Made in Italy a tavola, a partire dall’olio di oliva, con le esportazioni che nel 2018 sono state pari a 436 milioni, fino ai formaggi che valgono 273 milioni. “E’ il caso del Pecorino Romano, per il quale gli Usa rappresentano circa i 2/3 del totale export, o del Grana padano e Parmigiano Reggiano che vedono nell’America il secondo mercato di riferimento dopo la Germania. Ma nella black list – continua la Coldiretti – ci sono anche gli agrumi, le marmellate, i succhi d’uva e di frutta, l’acqua minerale, i superalcolici e alcune varietà di pesce”. “A favore dei dazi si è espressa – rivela Coldiretti – la lobby dell’industria casearia Usa (Ccfn) che ha chiesto di colpire le importazioni di formaggi europei se non verrà aperto il mercato dell’Unione ai tarocchi statunitensi prodotti nei caseifici a stelle e strisce con nomi che richiamano esplicitamente le specialità casearie più note del Belpaese senza averci nulla a che fare, dalla mozzarella alla ricotta, dal provolone all’asiago, dal parmesan al romano ottenuto però senza latte di pecora”. Sul mercato americano appena l’1% in quantità dei formaggi di tipo italiano consumati ha in realtà un legame con la realtà produttiva tricolore mentre il resto è realizzato sul suolo americano e a differenza delle produzioni Made in Italy Dop- precisa la Coldiretti – non rispettano i rigidi disciplinari di produzione dell’Unione Europea che definiscono tra l’altro, le aree di produzione, il tipo di alimentazione e modalità di trasformazione.
“Non tassate la nostra salute”
“Al contrario – riferisce la Coldiretti – la proposta dei dazi ha sollevato le critiche della North American Olive Oil Association (Naooa) che ha avviato l’iniziativa “Non tassate la nostra salute” per chiedere al Dipartimento Usa al commercio estero (Ustr) di escludere l’olio d’oliva europeo dalla lista di prodotti colpiti. Nella petizione si sottolinea che l’olio d’oliva è uno degli alimenti più salutari tanto che la stessa Food and Drug Administration statunitense (Fda) lo ha riconosciuto come un alimento benefico per la salute cardiovascolare, oltre che componente principale della dieta mediterranea che, se fosse seguita secondo studi scientifici, comporterebbe un risparmio di 20 miliardi dollari in trattamento per molti disturbi oltre alle malattie cardiache, tra cui cancro, diabete e demenza”. “Ci sono le condizioni per evitare uno scontro dagli scenari inediti e preoccupanti che rischia di determinare un pericoloso effetto valanga sull’economia e sulle relazioni tra Paesi alleati” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “gli Usa si collocano al terzo posto tra i principali italian food buyer dopo Germania e Francia, ma prima della Gran Bretagna”.