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Camerino, il Papa nelle zone del sisma: “Ricordarsi di chi soffre”

Sono ancora evidenti e tangibili, ancora dopo tre anni, i segni del sisma a Camerino, nelle Marche, dove Papa Francesco si è recato in visita nel giorno della celebrazione della Santissima Trinità. Un momento importante, nel quale il Santo Padre ha guardato negli occhi una popolazione ancora profondamente ferita dalle drammatiche conseguenze del disastro, ancora stipata nelle Sae (le strutture abitative emergenziali provvisorie per chi ha perso o non può rientrare nelle proprie abitazioni) ma che, nonostante le gravi difficoltà e la latente sensazione di abbandono, non ha perso la speranza di riprendere in mano il proprio futuro. E Papa Francesco, ricevuto in quelle piccole abitazioni con caffè, dolci e quelle umili ma splendide attenzioni che i cittadini marchigiani gli hanno riservato, ha incoraggiato quelle persone a guardare con coraggio e fiducia a quello che verrà: “Sono vicino a ognuno di voi e prego perché questa situazione si risolva presto: grazie per la vostra pazienza e per il vostro coraggio”.

Il ricordare

Incontrata la cittadinanza, Papa Francesco si è recato nella Cattedrale di Camerino, anch'essa con il volto ferito dal dramma del sisma, dove ha celebrato la Santa Messa e ricordato, nell'omelia, l'importanza di questo giorno, quello della Santissima Tirnità che, ha spiegato, “non è un rompicapo teologico, ma lo splendido mistero della vicinanza di Dio. La Trinità ci dice che non abbiamo un Dio solitario lassù in cielo, distante e indifferente” ma “un Padre che ci ha dato il suo Figlio, fattosi uomo come noi, e che per esserci ancora più vicino, per aiutarci a portare i pesi della vita, ci manda il suo stesso Spirito”. Tre persone, come le tre parole che il Pontefice ha condiviso con le genti di Camerino, ai quali ha spiegato che “nell’incertezza che avvertiamo fuori e dentro, il Signore ci dà una certezza: Egli si ricorda di noi”. Il “ricordo”, cioè il ritornare con il cuore a noi: “Ricordo è una parola-chiave per la vita… Ricordiamo quanto valiamo, di fronte alla tentazione di rattristarci e di continuare a rivangare quel peggio che sembra non aver mai fine. I ricordi brutti arrivano, anche quando non li pensiamo; però pagano male: lasciano solo malinconia e nostalgia”. Per questo, ha proseguito il Pontefice, “serve qualcuno che ci aiuti a portare i pesi che abbiamo dentro”… Di fronte alla nostra debolezza il Signore ci dà lo Spirito, il Consolatore, “colui che trasforma la nostra memoria schiava in memoria libera, le ferite del passato in ricordi di salvezza… unge i brutti ricordi col balsamo della speranza, perché lo Spirito Santo è il ricostruttore della speranza”.

Speranza e vicinanza

Ed è proprio “speranza” la seconda parola. Non “una speranza passeggera” o, come quelle terrene, “con una data di scadenza”, ma quella dello Spirito, che “è a lunga conservazione”. Questa speranza “non scade, perché si basa sulla fedeltà di Dio. La speranza dello Spirito non è nemmeno ottimismo. Nasce più in profondità, riaccende in fondo al cuore la certezza di essere preziosi perché amati. Infonde la fiducia di non essere soli”. Lo Spirito riesce a farci rifuggire dalla tentazione di costruire nidi attorno alle nostre paure e “ci dischiude il destino meraviglioso per il quale siamo nati”. E lui, lo Spirito, “viene nel nostro spirito e così ci consola da dentro, ci porta nell’intimo la tenerezza di Dio”. Ci porta, quindi, quella “vicinanza” di cui abbiamo bisogno, “viene a darci forza, a incoraggiarci, a sostenere i pesi. Infatti è specialista nel risuscitare, nel risollevare, nel ricostruire”. E questo è un passaggio fondamentale: “Ci vuole più forza per riparare che per costruire – ha spiegato Papa Francesco – per ricominciare che per iniziare, per riconciliarsi che per andare d’accordo. Questa è la forza che Dio ci dà”.

Non dimenticare chi soffre

E il Santo Padre ha concluso la sua omelia ricordando ai cittadini di Camerino che la sua visita oggi racchiude non solo la vicinanza nella sofferenza ma anche un continuo motivo di preghiera. Pregare “Dio che si ricorda di noi, perché nessuno si scordi di chi è in difficoltà… Il Dio della speranza, perché ciò che è instabile in terra non faccia vacillare la certezza che abbiamo dentro… Il Dio Vicino, perché susciti gesti concreti di prossimità”. Ricordo, speranza, vicinanza: tre parole affinché non si corra il rischio che “dopo il primo coinvolgimento emotivo e mediatico, l’attenzione cali e le promesse vadano a finire nel dimenticatoio” ma, al contrario, si impari “a ricordare, riparare, ricostruire, e a farlo insieme, senza mai dimenticare chi soffre”.

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