Appena arrivata all'ospedale, i medici hanno immediatamente capito la gravità del caso presentato dalla donna che avevano di fronte. Quello che i dottori non potevano sapere, è che l'origine del problema era dovuta al lavoro svolto da alcuni colleghi vent'anni prima. Ma andiamo con ordine e facciamo un passo indietro. Stiamo parlando della vicenda di una signora che è andata al “San Carlo” di Potenza per un cedimento di cute intorno all'ombelico. Ricoverata d'urgenza, gli ulteriori accertamenti hanno evidenziato che la 62enne aveva nello stomaco un tubo largo 2,5 centimetri e lungo 6, eredità di una endoscopia fatta 20 anni prima. E rischiava davvero grosso. In seguito all'operazione dall'ospedale hanno spiegato che la paziente ha subito una doppia procedura, endoscopica e chirurgica. Senza dimenticare che la donna, prima di essere dichiarata in maniera definitiva fuori pericolo, non ha potuto mangiare per le 48 ore successive all'intervento.
I precedenti
Non è un mistero che la malasanità sia un grave problema del Paese. Un caso simile a quello potentino si è svolto a Roma. Qui Maria Teresa S. si è affidata ad un'equipe d'eccellenza per un problema al colon. Ma si è ritrovata con un attrezzo metallico incastrato nella pancia, ed è dovuta tornare una seconda volta sotto i ferri. Nonostante in sala operatoria fossero state presenti cinque persone, nessuna di queste si è accorta che una pinza di tipo “Kelly”, lunga 30 centimetri, era rimasta all'interno della paziente. Fatto sta che quest'ultima è stata costretta ad un'operazione bis per estrarre l'oggetto sanitario. Stessa identica situazione all'ospedale Loreto Mare di Napoli, dove i chirurghi hanno dimenicato le pinze all'interno dell'addome di una paziente. E come nei casi sopra descritti è finita per una seconda volta sotto i ferri. Non per volere dei medici, ma a causa delle loro “distrazioni“.