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Cassazione: durante il travaglio, il feto è una persona

Una decisione storica quella presa dalla Suprema Corte di Cassazione. Gli ermellini hanno stabilito che il feto durante il travaglio, anche se ancora nell'utero, va considerato come una persona, con tutti i diritti che ne discendono. E per i medici ne consegue che da adesso, in caso di morte del piccolo, risponderanno di omicidio colposo e non di aborto colposo. 

Le parole della sentenza

Nel giudizio si legge chiaramente del “totale ampliamento della tutela dei diritti della persona e della nozione di soggetto meritevole di tutela, che dal nascituro e al concepito si è poi estesa fino all'embrione“. Dunque il feto “benché ancora nell'utero” deve essere parificato ad un “uomo” durante la fase transitoria “dalla vita uterina a quella extrauterina”. Parole che non lasciano spazio più a nessun tipo di dubbio, soprattutto per una certa frangia dell'opinione pubblica che si è sempre schierata con la tesi opposta, sbagliando. Come tutte le sentenze anche questa ha un risvolto pratico molto importante. Infatti l'ostetrica che provoca la morte del nascituro risponde di omicidio colposo e non di aborto colposo. E' il caso della donna che ha dato il via al procedimento e a cui è stata confermata la condanna ad una anno e nove mesi di reclusione, con pena sospesa. 

La ricostruzione del caso

La donna, nel corso del suo lavoro, non aveva monitorato con attenzione il battito cardiaco di un feto mentre la madre era in travaglio. A quest’ultima era stata somministrata dell'ossitocina per aumentare le contrazioni. L'ostetrica, che aveva chiesto una condanna più mite per aborto colposo, durante il parto continuava a rassicurare il ginecologo che tutto procedeva regolarmente. Invece le cose sono adate diversamente, dato che il bambino venne alla luce già morto. Secondo i medici la cause della morte del piccolo fu l'asfissia

Le reazioni movimenti cattolici

Bene la sentenza della Cassazione che stabilisce che durante il travaglio il feto è già una persona – ha dichiarato Massimo Gandolfini, portavoce del Comitato “Difendiamo i nostri figli” – La Corte ha riconosciuto quello che fin dal 1978 diciamo, ovvero che il concepito – l’embrione prima e il feto dopo – è una persona umana”. E ancora: “Quindi rispetto e regole che difendono la persona umana devono ispirare e vanno applicate in eguale misura al trattamento del feto e dell’embrione”. Sulla storica decisione si sono espressi anche Jacopo Coghe e Toni Brandi, presidente e vice presidente del Congresso Mondiale delle Famiglie: “Il vento della storia è cambiato, dal Congresso delle Famiglie in poi si afferma sempre più la cultura della vita e il diritto che torna a tutelare i deboli”. Infine l'augurio: “Ora però: se è omicidio colposo quello di un’ostetrica che provoca la morte del nascituro, prendiamo atto che ogni volta che c’è una gravidanza interrotta con l’aborto si tratti di una soppressione della vita. Non si possono fare due pesi e due misure. Da adesso in poi lo Stato sia consequenziale e vada in fino in fondo: aiuti le donne a tutelare la propria salute e ad affrontare con fiducia il futuro sostenendo la vita con ogni tutela possibile sia sociale che economica”. 

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