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L'attesa è troppo lunga e aggrediscono il medico

Due medici sono stati aggrediti al policlinico “Umberto I” di Roma. Nel 2018 sono stati vittima di aggressione sette camici bianchi su 10. In pochi anni, inoltre, si sentirà tutta la carenza medici di famiglia e specializzati. La difficile situazione del nostro sistema sanitario nazionale ha diverse facce.

La cronaca

Due aggressioni in un giorno a danno di due medici, i responsabili erano sempre un uomo e una donna con dei precedenti. È successo ieri al policlinico “Umberto I” di Roma. Un uomo di 36 anni, invalido senza fissa dimora, e una donna di 23 anni di Genzano, disoccupata, hanno aggredito a suon spintoni e insulti due medici di turno del pronto soccorso lamentandosi per dei tempi di attesa troppo lunghi. I due sono stati denunciati dai carabinieri per interruzione di pubblico servizio, violenza e lesioni a incaricato di pubblicato servizio. Uno dei due medici ha ricevuto una prognosi di 10 giorni per una contusione alla spalla.

I dati

Chi si trova nella trincea della medicina d'urgenza e del pronto soccorso è più esposto agli attacchi fisici o verbali, insieme a chi lavora in psichiatria. La maggior parte degli episodi violenti avviene al Sud e nelle isole, con oltre il 70% dei medici che denunciano aggressioni, come riporta un sondaggio del dicembre 2018 del sindacato Anaao Assomed. Ma non bisogna per forza essere in una di quelle due aree e in quella parte della Penisola. Come dimostra il caso di Giovanni Palumbo, il medico di Sanremo ucciso da un suo paziente con tre coltellate come vendetta per una perizia ritenuta sbagliata. Ha commentato così i dati il segretario Anaao Costantino Troise: “Abbiamo assistito a un'escalation, la frustrazione dei pazienti aumenta laddove ci sono più carenze di personale e posti letto”.

Non è un paese per (giovani) medici

L'Italia è lo stato membro dell'Unione europea col il più alto numero di medici over55: erano il 54% del totale nel 2016. Nel 2015 la loro percentuale nei paesi facenti parte dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) era di molto inferiore: 34,5%. In pochi anni saranno molti a dismettere il camice bianco, ad oggi senza possibilità di sostituzione. Entro il 2025 il nostro Sistema sanitario nazionale avrà 16.700 medici specialisti in meno, che si aggiungeranno ai 1.700 medici di famiglia andati in pensione. A danno di quelle aree del Paese più in difficoltà: la Sicilia sarà la prima regione italiana per numero di medici mancanti nel 2025: 2.251. Intanto c'è chi corre ai ripari, come il Veneto e il Molise che hanno dovuto richiamare chi era già andato in pensione o la Toscana che ha assunto a tempo determinato giovani medici non ancora specializzati né formati per il pronto soccorso. Le cause di questa crisi del turnover sono molte. l tetto di spesa per le Regioni per il personale sanitario, norma da poco superata con il decreto Calabria del ministro della Sanità Giulia Grillo. Un numero insufficiente di borse di studio per le specializzazioni: nel 2018 erano 6.200, quest'anno dovrebbero salire a 7.100. Il ministro dell'Istruzione Marco Bussetti intende aumentarle a 8.000. Ma sempre secondo Anaao ne servirebbero 10mila per coprire tutti i posti, dato che la rete delle scuole di specializzazione sarebbe in grado di accogliere 11mila specializzandi. Mentre ad oggi restano fuori circa 7mila medici abilitati ma né specializzati né medici di famiglia. Anche perché diventare medici di base – liberi professionisti convenzionati con il Ssn – è difficile in quanto nelle graduatorie per rimpiazzare i pensionati restano iscritti anche medici che ormai lavorano in ambiti specialistici, ingannando così sull'effettivo fabbisogno di nuovi medici di base. Nel tentativo di fronteggiare questa situazione, sempre nel decreto Calabria è stato inserito un provvedimento (l'articolo 12) che consente a una parte di quei settemila di accedere al corso di formazione in medicina generale con graduatoria riservata, ma senza borsa di studio.

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