Continuano gli arrivi dei grandi registi e dei grandi interpreti alla Mostra d’arte cinematografica di Venezia e insieme a Roy Andersson che, con il suo inconfondibile stile ha presentato About Endlessness, vale la pena di menzionare il film del Premio Oscar Tim Robbins dedicato ad una esperienza carceraria portata avanti con la Actor's Gang, sua storica compagnia teatrale e presentata con il titolo: 45 seconds of Laughter. L’impegno socio politico del regista sessantunenne non viene meno e mentre i suoi social denunciano il sostegno alla campagna elettorale di Bernie Sanders, lui si impegna con il cinema e il teatro. A breve sarà diretto dal figlio Jack Henry Robbins in VHYes, e quello televisivo, visto che è nel cast della seconda stagione della serie tv Castle Rock. Lui stesso ha riferito di essere cresciuto a New York dove ha visto finire in carcere persone che conosceva rimanendone sconvolto.
Le dichiarazioni del regista
“Quando ho girato Il miglio verde una delle comparse era una vera guardia carceraria del Midwest, area molto conservatrice degli USA. Gli ho chiesto cosa avrebbe cambiato del sistema carcerario e lui mi ha risposto 'legalizzerei la marijuana, se ne hanno il coraggio'. Sono diventato consapevole di ciò che era sbagliato nel sistema carcerario e Dead Man Walking ha enfatizzato il mio sentimento. Così ho deciso di intervenire nel sistema carcerario creando un programma per i detenuti, ci ho messo un paio di anni a capire come realizzare tutto questo e ho realizzato che non doveva essere una imposizione ma una scelta”.
La trama del film
Il film é un crescendo di scoperte, un viaggio nell’interiorità che i detenuti compiono guidati dai conduttori dei workshop che li sostengono anche nel mettere a nudo la propria anima. Un programma riabilitativo nel quale vengono coinvolte anche le famiglie che hanno un ruolo importantissimo nell’affiancare gli operatori. Non é sempre facile coinvolgerli perché spesso hanno un atteggiamento ambivalente; vogliono partecipare da un lato ma dall’altro temono ciò che potrà accadere. “Spesso si indossa una maschera per nascondere la rabbia invece bisogna imparare ad esprimere tutte le emozioni senza vergognarsi” dice Robbins in conferenza stampa dove ci spiega che nella sua esperienza ha avuto modo di rendersi conto che c’é un enorme potere nello sconforto e che é in quei momenti che occorre lavorare più intensamente affinché chiunque impari a sostenerlo. Da un girato di 130 ore Robbins ha realizzato insieme ai suoi collaboratori un film di un’ora e mezzo dove vengono evidenziati i momenti fondamentali, i cambiamenti, il dialogo con la propria interiorità. Il cineasta conclude dicendo: “In California il Sindacato ha detto che voleva questo programma. Grazie a questo parere abbiamo potuto avere il finanziamento per fare arte in carcere. Dal punto di vista concettuale sembra una cosa pazza ma quando lo si vede si riesce a vedere in vivo il cambiamento che le arti riescono a generare”.