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La città non è una spiaggia

Non sono bastate centinaia di circolari scolastiche. Sempre più persone, non soltanto studenti, continuano a scambiare gli ambiti formativi e lavorativi per spiagge.

Esigenza di decoro

“Il dress code a scuola è un tema all’ordine del giorno – riferisce il Corriere.it -. Complici gli atteggiamenti sempre più disinvolti delle nuove generazioni, e la difficoltà di presidi e insegnanti nel mantenere un’atmosfera decorosa nelle aule e nei corridoi, sempre più spesso le istituzioni scolastiche sono costrette a porsi il problema dell’abbigliamento scolastico da suggerire, consigliare, obbligare ai propri studenti”.

Look inappropriato

Il professor Raffaele Mantegazza, pedagogista dell’università Milano Bicocca sottolinea che “i vestiti devono essere consoni al contesto, a ciò che si fa, a scuola si va vestiti in un certo modo perché la scuola valorizza alcuni aspetti che non sono attinenti all’esibizione del corpo, o della moda”. Il problema sono abiti succinti o inappropriati: “Un certo abbigliamento distrae l’attenzione su altre cose che alla scuola non interessano”. E “se si va in spiaggia, è normale vedere persone in costume, se si è in classe no”. Anche perché “non si può ignorare il fatto che in certe fasce d’età molto facilmente l’esibizione diventa oggetto di scherno- spiega Mantegazza a Corriere.it-. La biancheria intima deve rimanere intima, non essere esibita”.  I pantaloni corti non vanno portati perché fuori contesto. E “le regole devono valere per tutti: anche l’adulto, che sia docente bidello o segretario, deve vestirsi in modo adatto al contesto, facendo attenzione a ciò che comunica. Il discorso del look deve diventare oggetto di discussione: non ha senso dire che ognuno fa quel che vuole”. Idem per i pantaloni strappati. “Se gli studenti vanno a sentire il testimone della Shoah o sanno di dover andare alla cattedra per essere interrogati, o devono partecipare a un incontro formale, devono evitare di vestirsi in maniera trasandata: ci sono limiti ma ci sono anche momenti , in cui l’abbigliamento comunica determinate cose”, precisa Mantegazza. La stessa cosa vale per tatuaggi o piercing.

Il senso del ridicolo

Ci sono cose che in una scuola non devono entrare e basta. “Non entrano la pistola, la cassetta porno, il giornale porno, ma neanche le magliette corte, le canottiere, tutto quello che è sessuale, perché non è adatto a quel contesto”. Non si sta  in quel posto per sedurre, bensì per altri motivi. “Se sei un cinquantenne e ti vesti come un quindicenne ti rendi ridicolo. Devi ricordarti dove sei”. Con un jeans stretto una ragazza mostra il sedere e ciò è inaccettabile in un certo contesto.

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