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Un presidio sindacale in ogni regione a favore dei curdi

Dal Friuli alla Sicilia il mondo del lavoro si mobilita per il popolo curdo. A Roma e in ogni capoluogo di regione si stanno svolgendo in questi giorni presidi, cortei, manifestazioni di piazza. Cgil Cisl e Uil esprimono la loro profonda preoccupazione di fronte ai bombardamenti contro la popolazione curda nel nord della Siria e all’ingresso di truppe turche in Siria.  

Catastrofe umanitaria

Ad allarmare le sigle sindacali è l’escalation militare in corso nella Siria già martoriata dalla guerra cominciata nel 2011: oltre 250 mila vittime, quasi la metà civili, hanno perso la vita nel conflitto violento contro l’Isis. Il conflitto, per il quale si era costituita una coalizione internazionale dal 2014 con il sostegno degli Stati Uniti di Barack Obama, aveva visto soprattutto donne e uomini dell’esercito curdo battersi in prima linea per respingere l’offensiva del sedicente stato islamico e finalmente costringerlo alla resa. “La decisione del presidente della Turchia Erdogan di attaccare di nuovo la Siria di Bashar Assad, con lo scopo di liberare l’area dai curdi, ha avuto sostanzialmente il via libera dal presidente Usa Donald Trump, che ha così voltato le spalle ai combattenti che hanno guidato la resistenza contro i fondamentalisti islamici dell’Isis- evidenziano Cgil, Cisl e Uil-. Tutto questo si inserisce in un quadro già fortemente instabile dell’area. In tutto questo il silenzio dell’Europa, che fino ad oggi ha stretto un accordo con la Turchia, chiudendo un occhio sulla più che discutibile guida politica del presidente Erdogan, in totale contrapposizione con i principi di difesa dei diritti umani cui tutti i valori europei sono ispirati, pagando 6 miliardi di euro per il mantenimento dei campi profughi degli esuli siriani. L’Europa tace anche di fronte alla minaccia di inviare i profughi verso l’Europa”.

Iniziative in tutte le regioni

Cgil, Cisl e Uil esprimono la preoccupazione dei lavoratori italiani di fronte all’aggravamento della crisi che già determina ulteriori perdite di vite umane e potrebbe destabilizzare completamente gli equilibri politici internazionali. “Facciamo appello alla comunità internazionale perché si fermi immediatamente la deriva militare e si apra una conferenza che affidi alla diplomazia la soluzione di tutti i problemi tuttora aperti nella regione”, affermano in linea anche con le posizioni espresse dalla Confederazione europea dei sindacati (Ces) nella lettera inviata ai vertici delle Istituzioni comunitari. Cgil, Cisl e Uil fanno appello al governo italiano perché si attivi per una iniziativa della Unione Europea che riveda gli accordi con la Turchia e si faccia garante per la ricerca di una soluzione pacifica con l’apertura immediata di una piattaforma multilaterale in sede Onu che garantisca innanzitutto la pace e la tutela dei diritti umani. A partire dal presidio che si è svolto lunedì pomeriggio a piazza Santi Apostoli a Roma, le organizzazioni del lavoro stanno attivando in ogni capoluogo le proprie strutture con iniziative a livello territoriale. Anche la Confsal, la quarta confederazione sindacale italiana esprime cordoglio e rammarico per il massacro in Siria e lancia un appello alle organizzazioni internazionali finora inerti di fronte ad un disastro umanitario. Diverse decine di vittime tra i civili, migliaia di persone in fuga, centinaia di prigionieri jihadisti scappati. L'operazione militare lanciata dal presidente turco Erdogan contro la popolazione curda sta scatenando una crisi senza precedenti che secondo le Nazioni Unite, si appresta a sfociare in un vero e proprio “disastro umanitario”.

Il silenzio della Nato

Per l'Osservatorio siriano dei diritti sono numerosi i civili, tra cui molti bambini, uccisi finora nell'offensiva lanciata mercoledì 9 ottobre, dalla Turchia e i numeri sono destinati a crescere esponenzialmente. Accanto a questo, destano grandissimi timori le conseguenze sull'organizzazione terroristica facente capo al sedicente stato islamico, che proprio i curdi avevano aiutato a sgominare. Sono loro ad aver sinora controllato le carceri dove sono detenuti 12mila combattenti dell'Isis siriani, iracheni e provenienti da 54 Paesi, mentre nei campi sfollati si trovano 12mila donne e bambini a loro legati. L'amministrazione curda ha denunciato proprio in questi giorni “l'aggressione militare di Turchia e mercenari vicino al campo di Ain Issa”, nel Nord Est della Siria, dove tra migliaia di profughi si trovavano anche 800 familiari dei terroristi ora fuggiti chissà dove. Di fronte all'aggravamento della crisi e alle drammatiche notizie che continuano a giungere ogni giorno dal fronte di battaglia, la Confsal esprime grandissima preoccupazione per le vittime innocenti tra i civili, per il rischio di destabilizzare l'intera regione e per la sciagurata possibilità di ridare forza all'Isis. Allo stesso tempo, denuncia con fermezza l'inerzia delle principali organizzazioni internazionali, la cui voce e le cui azioni sono sembrate finora troppo deboli nel condannare e contrastare l'operato di Erdogan. La speranza, è che la tardiva presa di posizione dell'Europa, gli inefficaci annunci di sanzioni e di stop delle forniture militari e l'impotenza dell'Onu e il silenzio della Nato (di cui la Turchia fa parte), vengano immediatamente sostituite da iniziative concrete per porre fine al massacro in atto della popolazione curda. A partire da una conferenza internazionale che porti ad un tavolo tutti i soggetti coinvolti, dagli Stati Uniti fino alla Russia, e costringa le principali potenze economiche e militari del pianeta ad assumersi di fronte al mondo le proprie responsabilità.

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