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Umbria, il giorno dopo: resa dei conti fra leader

L'Umbria ha un nuovo presidente, e questo era l'obiettivo principale delle elezioni regionali. Tutto il resto verrebbe dopo ma, in un contesto di forte tensione politica come quello italiano, il dibattito su quanto peso effettivo abbia il voto nella regione nell'economia del governo è per forza di cose il punto focale di tutto il day after. Matteo Salvini e la sua Lega piazzano la zampata più forte, si prendono la leadership regionale assieme al resto della coalizione di Centrodestra (con significativi margini di vantaggio rispetto ai colleghi di Fratelli d'Italia e Forza Italia) e un motivo in più per tornare ad attaccare un patto di governo che ha evitato di interrompere anzitempo la legislatura lasciando però tanti dubbi in un elettorato che, probabilmente, non ha ancora fagocitato appieno l'inedita intesa alla base della nuova esperienza. Così almeno la legge il premier, Giuseppe Conte, convinto che la bocciatura della coalizione Pd-M5s rimediata in Umbria abbia importanza ma solo fino a un certo punto: “Noi siamo qui a governare con coraggio e determinazione – ha detto parlando all'incontro 'Sindaci d'Italia' organizzato da Poste italiane -, il nostro è un progetto riformatore per il Paese. Un test regionale non può incidere, se non avessimo coraggio e lungimiranza sarebbe meglio andare a casa tutti”. Salvini però non è d'accordo: “E' un voto che ha anche una valenza nazionale, Conte continua con la sua arrogante distruzione dell'Umbria, sbagliare è umano ma perseverare è diabolico…ogni giorno si apre un problema nuovo”.

Il punto di Di Maio

In sostanza, secondo il premier il governo non è a rischio e nemmeno lui, tanto che alla domanda se sia o meno in discussione la permanenza a Palazzo Chigi, Conte ironizza citando Modugno: “Io in discussione? Non ho niente, ma ho il sole, il cielo e il mare”. Il punto è che l'Umbria era solo il primo step: con le regionali che verranno, tra cui quelle decisive in Emilia-Romagna, si certificherà se davvero il trend degli italiani è quello che porta al Centrodestra, come ha detto Tajani. Luigi Di Maio per ora non fa drammi: “Quello in Umbria era un esperimento – ha detto a SkyTg24 -. Non ha funzionato. Tutta la teoria per cui si diceva che se ci fossimo alleati con un'altra forza politica saremmo stati un'alternativa non ha funzionato”. In pratica, pur rivendicando l'idea di legittimare la nuova coalizione presentandosi (caso unico e che probabilmente resterà tale) con il Pd, Di Maio corre immediatamente ai ripari affrettandosi a sottolineare che questa esperienza non si ripeterà ma che, allo stesso modo, nemmeno comprometterà il lavoro del governo che, lo ha ribadito, “dovrà durare tre anni“.

Zingaretti e Renzi

In casa Pd, il k.o. fa meno male se si vuole considerare com'era finita l'amministrazione umbra precedente, ma comunque resta il fatto che, dopo i principali comuni (Perugia e Terni), anche la Regione vola via dall'egida della Sinistra, portando l'Umbria a diventare a tutti gli effetti un territorio controllato dal Cdx. Zingaretti prende atto della sconfitta e incalza: “Va rilanciata in fretta una visione del futuro e un profilo riformista e di rinnovamento del Governo. Va fatto insieme. L'alleanza ha senso solo ed esclusivamente se vive in questo comune sentire delle forze politiche che ne fanno parte, altrimenti la sua esistenza è inutile e sarà meglio trarne le conseguenze”. Non la vede così Matteo Renzi, leader di una forza politica in crescita come Italia Viva e ormai, lo conferma, lontano dai dettami del Partito democratico: “Una sconfitta scritta figlia di un accordo sbagliato nei tempi e nei modi. Lo avevo detto, anche privatamente, a tutti i protagonisti. E non a caso Italia Viva è stata fuori dalla partita. In Umbria è stato un errore allearsi in fretta e furia, senza un'idea condivisa, tra Cinque Stelle e Pd. E non ho capito la 'genialata' di fare una foto di gruppo all'ultimo minuto portando il premier in campagna elettorale per le Regionali”.

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