Aale la tensione tra Stati Uniti e Turchia, a due settimane dalla visita del presidente turco Recep Tayyip Erdogan alla Casa Bianca. Questa notte, i deputati della Camera hanno approvato in modo bipartisan e quasi all’unanimità una risoluzione che riconosce il genocidio armeno e un’altra che chiede al presidente Donald Trump di imporre sanzioni e altre restrizioni alla Turchia e ai dirigenti di quel Paese per l’offensiva nella Siria settentrionale. Nello specifico, la Camera degli Stati Uniti ha riconosciuto formalmente il “genocidio armeno” con una maggioranza schiacciante (405 sì su 435 voti, di cui 11 contrari). Il testo, non vincolante, invita a “commemorare il genocidio armeno” e a “rifiutare i tentativi di associare il governo americano alla sua negazione“, nonché a educare sulla vicenda. Immediata la reazione di Ankara, che “rifiuta” la risoluzione sul genocidio armeno, bollandola come una decisione “ad uso interno, priva di qualunque base storica e giuridica”. “È un passo politico insignificante – ha detto il capo della diplomazia di Ankara Mevlut Cavusoglu – indirizzato solo alla lobby armena e ai gruppi anti-Turchia”. Il ministero degli esteri turco ha condannato fortemente anche la risoluzione sulle sanzioni, sottolineando che la decisione non è consona all’alleanza Nato tra i due Paesi e all’accordo tra Usa e Ankara sulla tregua in Siria, e ammonendo Washington a prendere misure per evitare passi che danneggino ulteriormente le relazioni bilaterali. Sull’approvazione della Camera, salutata con un lungo applauso in aula, deve ora pronunciarsi il Senato.
La ricostruzione storica
Con il termine genocidio armeno, talvolta olocausto degli armeni o massacro degli armeni, si indicano le deportazioni ed eliminazioni di armeni perpetrate dall'Impero ottomano all’epoca alleato di Germania e Regno austro-ungarico tra il 1915 e il 1916, che causarono circa 1,5 milioni di morti. Ma le cifre reali sono sconosciute. Secondo il Patriarcato armeno di Costantinopoli, nel 1914 gli Armeni anatolici andavano da un minimo di 1.845.000 ad un massimo di 2.100.000; ma Ankara rifiuta il termine genocidio sostenendo che vi furono massacri reciproci sullo sfondo di una guerra civile e di una carestia che fecero migliaia di morti da entrambe le parti. L'evento – riconosciuto come genocidio da una trentina di Paesi, tra cui l’Italia – viene commemorato dagli armeni il 24 aprile. Nell’aprile 2017, pochi mesi dopo l’insediamento alla Casa Bianca, Donald Trump aveva definito il massacro degli armeni nel 2015 “una delle peggiori atrocità di massa del XX secolo”, senza però usare il termine genocidio. Ma bastò a suscitare l’ira della Turchia. Barack Obama, prima di essere eletto nel 2008, si era impegnato ad riconoscere il genocidio armeno ma non lo fece. La cancelliera tedesca Angela Merkel usò per la prima volta il termine genocidio il 22 aprile 2015.
Papa Francesco
Il 12 aprile 2015 Papa Francesco ha parlato esplicitamente di genocidio citando una dichiarazione del 2001 di papa Giovanni Paolo II e del patriarca armeno, in occasione della messa di commemorazione del centenario in San Pietro, dichiarando che quello armeno “generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo”. Il Papa ha denunciato il genocidio come una delle tante persecuzioni ai danni di cristiani che “vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati, crocifissi, bruciati vivi -, oppure costretti ad abbandonare la loro terra”. In risposta, il governo turco aveva immediatamente convocato il nunzio apostolico ad Ankara e ritirato l'ambasciatore presso la Santa Sede in segno di protesta. La dichiarazione aveva anche suscitato una forte reazione del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan che il 14 aprile 2015 aveva ammonito Papa Francesco affermando che “quando i politici e i religiosi si fanno carico del lavoro degli storici non dicono delle verità, ma delle stupidaggini”. Nel giugno 2016 Bergoglio, durante il viaggio in Armenia, ha utilizzato nuovamente il termine “genocidio” scatenando la dura reazione del vice primo ministro turco Nurettin Canikli. Come emerso recentemente dalle carte adesso consultabili dell'archivio segreto vaticano, la Santa Sede ha reso esplicita quella che è sempre stata la sua posizione sulla vicenda poiché ha fin dal principio tentato di opporsi allo sterminio: ne sono testimonianza le lettere del legato apostolico di Costantinopoli e dei vari nunzi apostolici, fra i quali il futuro Pio XII (Eugenio Pacelli) che rivelano un'opera incessante della Chiesa del tempo in favore del popolo armeno.