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Caos in Bolivia, Morales si dimette

La chiude così, Evo Morales, la sua esperienza alla guida della Bolivia, annunciando le dimissioni dopo che, contro di lui e la sua terza rielezione (per il quarto mandato), era sceso in campo anche l'esercito. A pesare sulla decisione, anche l'ufficialità dei brogli, arrivata con il riconoscimento dell'Organizzazione degli Stati americani (Oea): finisce quindi, come chiedevano le opposizioni, l'epopea del presidente indio, al potere da 13 anni. Nessun negoziato con Mesa e gli altri oppositori, nessun margine di dialogo: l'ormai ex presidente ha già lasciato La Paz, con la Plaza Murillo (dove si trova il palazzo presidenziale) già sgomberata da diverse ore dai presidi delle Forze dell'ordine. Morales si ritirerà per il momento nel Cochabamba, per poi dirigersi probabilmente in Argentina.

La giornata

Un “golpe fascista” che “esegue atti violenti con gruppi irregolari che hanno incendiato la casa dei governatori di Chuquisaca ed Oruro e quella di mia sorella in quest'ultima città”. Le ha definite così, il presidente Evo Morales, le ultime intemperanze del popolo boliviano contro la sua rielezione, ritenuta illegittima sia nella candidatura (inizialmente non prevista, poi autorizzata con una sentenza che annullò il risultato di un referendum in proposito) che nei risultati, considerati frutto di brogli. La denuncia dell'ex leader boliviano era arrivata la notte scorsa, a distanza di due giorni dall'annuncio della polizia di Cochabamba e di altre città del Paese (Chuquisaca, Tarija, Santa Cruz, Potosí e Oruro) con cui le Forze dell'ordine dichiaravano il proprio ammutinamento nei confronti dello Stato rappresentato dal presidente, ritenuto anche da esse non legittimo.

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La crisi boliviana

L'altolà all'autorità di Morales è arrivato in particolare dai presidi delle città di Sucre e Santa Cruz, con quest'ultima enclave dell'opposizione guidata da Carlos Mesa, che non ha riconosciuto i risultati delle elezioni, con riferimento ai numeri apparsi dai sistemi di conteggio, scomparsi quando sembravano indirizzati al ballottaggio e riapparsi fortemente sbilanciati verso il presidente uscente, che ha centrato così la terza rielezione e il quarto mandato presidenziale. Secondo Morales, inoltre, alcuni “gruppi organizzati” avrebbero preso il controllo dei media statali boliviani, tra cui Bolivia Tv (Btv) e Red Patria Nueva (Rpn), a seguito di presunti gesti di intimdazione contro i giornalisti. Un presunto modus operandi che il presidente ha definito “codardo e selvaggio, nello stile delle dittature militari”. Nel frattempo, però, a conferma del clima di tensione che accomuna i vari strati sociali del Paese, anche gli ufficiali dell'Utop (la polizia locale) di La Paz hanno abbandonato i presidi di Plaza Murillo, dove si trova il palazzo presidenziale. Non sembrava comunque previsto un intervento dell'esercito, come confermato anche dal ministro della Difesa, Javier Zavaleta.

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