La “Transumanza”, pratica rurale tradizionale appartenente a Italia, Austria e Grecia, è stata iscritta nella Lista rappresentativa degli elementi dichiarati Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. La decisione è stata presa mercoledì scorso all’unanimità dai 24 Stati membri del Comitato intergovernativo, riuniti a Bogotà, in Colombia. La candidatura della “Transumanza. Il movimento stagionale del bestiame lungo gli antichi tratturi nel Mediterraneo e nelle Alpi”, era stata presentata nel marzo 2018 dall’Italia come capofila insieme alla Grecia e all’Austria. A comunicare la “vittoria” è stata la ministra per le Politiche agricole, Teresa Bellanova, che ha commentato: “Siamo fieri di questo riconoscimento per la tradizione rurale italiana”.
Transumanza
La “Transumanza”, spiega una nota del ministero dell’Agricoltura, rappresenta la migrazione stagionale delle greggi, delle mandrie e dei pastori che, insieme ai loro cani e ai loro cavalli, si spostano in differenti zone climatiche, percorrendo le vie semi-naturali dei tratturi. Il viaggio dura giorni e si effettuano soste in luoghi prestabiliti, noti come “stazioni di posta”. La transumanza viene ritenuta anche un “elemento culturale”, dal forte contenuto identitario, che ha saputo nei secoli creare forti legami sociali e culturali tra i praticanti e i centri abitati attraversati, nonché rappresentare un’attività economica sostenibile caratterizzata da un rapporto peculiare tra uomo e natura, influenzando con la sua carica simbolica tutti i campi dell’arte. Dei 10 elementi italiani riconosciuti dall’Unesco Patrimonio culturale immateriale, nota il ministero dell’Agricoltura, ben 5 sono riconducibili al patrimonio rurale e agroalimentare, a conferma che in Italia l’agricoltura è un elemento caratterizzante la cultura del Paese. “Un riconoscimento importante”, ha sottolineato Coldiretti evidenziando al contempo i problemi del settore. “Un riconoscimento – aggiunge – che conferma il valore sociale, economico, storico e ambientale della pastorizia che coinvolge in Italia ancora 60mila allevamenti nonostante il fatto che nell’ultimo decennio il ‘gregge Italia’ sia passato da 7,2 milioni di pecore a 6,2 milioni perdendo un milione di animali”. Per l’associazione, “il riconoscimento tutela un’attività ad elevato valore ecologico e sociale poiché si concentra nelle zone svantaggiate e garantisce la salvaguardia di ben 38 razze a vantaggio della biodiversità del territorio”, un patrimonio “il cui futuro è minacciato da un concreto rischio di estinzione”. “A pesare – spiega Coldiretti su Sir – sono i bassi prezzi pagati ai pastori, il moltiplicarsi degli attacchi degli animali selvatici, la concorrenza sleale dei prodotti stranieri spacciati per nazionali ma anche del massiccio consumo di suolo che ha ridotto drasticamente gli spazi e i tradizionali percorsi usati proprio per la transumanza delle greggi con pesanti ripercussioni sull’economia nazionale ma anche sull’assetto ambientale del territorio perché quando un allevamento chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni”.