Qui giace Raffaello, dal quale la natura temette mentre era vivo di essere vinta; ma ora che è morto teme di morire”. Queste parole sono incise nell'epitaffio scritto dal cardinale Bembo sulla tomba di Raffaello Sanzio, il pittore urbinate di cui quest'anno ricorre il cinquecentesimo anniversario della morte (il 6 aprile 1520). Ma la storia di Raffaello, “Urbinate” come soleva firmarsi, non si limita al genio artistico dell'uomo. Lo ha sottolineato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso di fine anno: menzionando le celebrazioni del pittore del Rinascimento, ha ripercorso le radici stesse dell'Italia, “un Paese proteso nel Mediterraneo posto per geografia e per storia come uno dei punti di incontro dell'Europa con civiltà e culture di altri continenti. Questa condizione ha contribuito a costruire la nostra identità” ha ricordato il Capo di Stato.
Il sindaco di Urbino: “È il simbolo di un territorio incantevole”
Raffaello si firmava come “Urbinate”, volendo così sottolineare la provenienza da uno dei più ferventi cantieri del Rinascimento come parte integrante della sua identità, in un rimando costante tra luogo e persona. Era, pertanto, il suo essere saldo nel contesto in cui si era formato a proiettarlo da una corte all'altra. A Roma per tutto l'anno, verrà posta una rosa rossa sulle sue spoglie, conservate al Pantheon. Dal 1520, il corpo è sepolto nel monumento romano e sistemato nell'edicola della Madonna del Sasso, un'opera scolpita da Lorenzo Lotti su commissione dello stesso Raffaello. Come si prepara a festeggiarlo la sua città natale?. A Interris.it ne parla Maurizio Gambini, sindaco di Urbino.
Come vi state preparando ai festeggiamenti di quest'anno?
“Si tratta di un anno importante per la città di Urbino e ci stiamo preparando adeguatamente. Tutta ltalia celebrerà l'artista come, anzitempo, è avvenuto con Giovanni Pascoli. Per Raffaello, abbiamo intenzione di coinvolgere non solo Urbino, ma tutto il territorio, come Pesaro, Fano e la provincia. Ci stiamo preparando a insieme ad iniziative di un certo peso”.
Quali?
“Una mostra importante è già in corso a Palazzo Ducale, poi il 6 aprile prenderà il via la mostra con il ritratto di Baldassar Castiglione curata da Vittorio Sgarbi. Per il suo prezioso contributo, quest'anno ci accingiamo a nominarlo pro-sindaco della città di Urbino”.
Perché è importante Raffaello per Urbino e per l'Italia?
“Innanzitutto per la nostra storia, la nostra civiltà. Non è sempre scontato formare chi abita i nostri territori, io credo sia fondamentale aprirsi alla gente. Prima di accogliere quelli che vengono a visitarci dall'estero, è infatti necessario far percepire ai locali quanto è importante la nostra storia. Sapere raccontare e mettere in risalto il proprio territorio è un tema essenziale e lo si può fare solo interagendo con le associazioni e facendo vivere i territori incantevoli che abbiamo, come faceva Raffaello con la sua pittura”.
Broccoli: “Raffaello, erede di una semplicità che stiamo perdendo”
La pittura di Raffaello è immediata come la natura stessa. L'armonia di dipinti come La Madonna del Cardellino o La scuola di Atene rimane anche nei fondi scuri della Trasfigurazione o di ritratti come La gravida. Non ha il mistero di Leonardo, né il vigore di Michelangelo: Raffaello è audace nella semplicità del tratto, nel colore che riluce negli sguardi profondi dei suoi ritratti o affonda nella carne pallide dei tanti Bambinello adagiati su vesti mariane come fiumi di porpora e cielo. Si può ammettere in Raffaello la stessa potenza d'immagine? Interris.it ne parla con Umberto Broccoli, scrittore, autore e conduttore radiofonico.
Professore, in un articolo datato 1920, De Chirico definì Raffaello “l'artista della profondità leggera”. Si può parlare di profondità?
“Senz'altro. Raffaello rappresenta anche l'immediatezza perché qualsiasi opera sua è diretta e non ha bisogno di tante spiegazioni. È la profondità della leggerezza che anche noi potremmo apprendere ed essere più leggeri. I ritratti esprimono la fotografia della sua epoca. Lo stesso ritratto di Raffaello è l'icona di un'epoca: sembra di vederlo questo giovanotto intelligentissimo, di bella presenza. Anche su di lui, ci sono alcuni aneddoti. Secondo Vasari, morì a causa del troppo innamoramento. Mi viene in mente un parallelismo sulle figure di questi giovani 'geni', come Gershwin, il compositore jazz morto a 39 anni. È come se costoro riuscissero a concentrare tutto nella loro vita breve”.
Quale opera l'ha più colpita?
“Sarebbe impossibile fare una classifica. Pensiamo allo Sposalizio della Vergine: lì c'è una sensazione di profondità di campo quasi cinematografica, con una fuga prospettica sugli edifici retrostanti che sembrano un set. Tra l'altro, Raffaello ritrae episodi della Bibbia attualizzandoli ai suoi tempi”.
Il regista gallese Peter Greenway sta lavorando al ri-locamento dello Sposalizio della Vergine in chiave cinematografica. Le opere di Raffaello si presta a una raffigurazione cinematografica, appunto?
“Senza dubbio, le opere di Raffaello si prestano perché lui ha questa caratteristica di essere profondamente legato al passato. Lo dimostra quando scrive a Papa Leone X di 'quanta calcina si è fatta di statue e di ornamenti antichi'. Lui ha questo legame profondissimo con l'antico ma è fantasticamente proiettato verso il futuro. Io ha, tra l'altro, un legame con lui”.
In che senso?
“A Raffaello fu dato l'incarico di custodia e registrazione dei marmi antichi ed è, quindi, stato il primo soprintendente delle antichità di Roma. Anch'io lo sono stato, dal 2008 al 2013 e so l'importanza del legame con il mondo classico, anche in virtù della mia formazione classica. E poi, le sue opere sono cinema puro. Si pensi alla Scuola di Atene, che utilizza una tecnica di zoom, oppure la Trasfigurazione, sua ultima opera: non è forse cinema? Si parte da una base di buio e si svetta nella luce: sembra quasi di ascoltare una colonna sonora…”
Che genere di musica accoppierebbe a Raffaello?
“Dovremmo attualizzarlo, per dargli un valore che non sia banale. Tra gli autori moderni, senza dubbio gli accosterei Ludovico Einaudi, Roberto Cacciapaglia o Ennio Morricone. Di quest'ultimo pensiamo alla fantasmagoria dei suoi del film Mission…La pittura, se ben studiata, non appaga soltanto la vista, ma tutti i sensi. In Raffaello, arrivi a sentire il freddo dell'aria, il suo profumo. Qualche musicista oggi potrebbe comporre su Raffaello”.
Con Raffaello, tanto quanto con altre icone della pittura, c'è il rischio che l'arte diventi una vetrina?
“Sì, per questo bisogna evitarlo. Raffaello è immortale, quindi tenerlo in vita non serve solo nel tempo di un anno. La cultura è universale e senza tempo”.
Raffaello visse in un’epoca di splendore per l’Italia, centro propulsore di cultura. C'è nostalgia di questa Italia?
“La cultura di cui Raffaello è stato espressione è la stessa di altre epoche storiche in cui le espressioni artistiche erano frutto di lavoro e impegno. Raffaello era semplice, non facile. Oggi, nelle manifestazioni d'istinto tanto quanto nell'immediatezza di un post sui social, per esempio, stiamo perdendo questa semplicità, stiamo andando verso la facilità. Raffaello, come Leonardo e tanti altri artisti, devono insegnarci che se noi consegnamo noi stessi alla memoria artificiale, annulleremo quella naturale”.