Da dicembre manifestano per le strade del Montenegro due volte a settimana. È la protesta che ogni giovedì e domenica riunisce credenti e non contro quelle che da molti è considerata una legge che restringe la libertà religiosa. La norma su cui il popolo del Montenegro punta il dito è quella adottata lo scorso 26 dicembre, che impone alla Chiesa ortodossa serba di presentare i titoli di tutte le sue proprietà, in mancanza dei quali le stesse verrebbero immediatamente poste sotto l'autorità statale. Per i più si tratta di una legge “discriminatoria” perché esclude altre confessioni religiose. La Chiesa ortodossa acefala, più vicina agli ambienti montenegrini, non ne sarebbe, infatti, soggetta.
La Chiesa Ortodossa
Il Montenegro è un Paese multi-religioso, dove convivono insieme ortodossi, musulmani e cattolici. La maggior parte della popolazione segue la Chiesa ortodossa, legata storicamente alla vicina Serbia. Negli anni, però, da essa si è staccata una piccola comunità ortodossa che si reputa “acefala”, cioè indipendente. La sua presenza ha destato dissapori con la Chiesa serba, che ha intravisto un'ingerenza del Montenegro in un ambito confessionale. Per la Chiesa ortodossa, la piccola comunità del Paese sarebbe stata favorita della stesse istituzioni. Viceversa, il governo del Montenegro non vede di buon occhio la Chiesa ortodossa serba, poiché espressione dell'identità nazionale.
Infausta decisione
Il presidente del Montenegro, Milo Djukanovic, non pensava che l'approvazione della legge avesse scatenato un così grande scalpore. Da quando la norma è entrata in vigore, la Chiesa è scesa in piazza: la scorsa domenica, è stata stimata – secondo l'emittente RFI – una presenza di oltre 200mila persone. La polizia ne aveva contate circa 66mila, ma le stime sono opinabili per l'opinione pubblica. Sta di fatto che, in ambedue i casi, si tratta di stime importanti per un Paese che conta 600mila abitanti. La legge incriminata ha, dunque, fatto di una questione limitatamente religiosa un vero caso politico che rimarrà un tratto indelebile nel mandato di Djukanovic. Sebbene le proteste siano apolitiche, è innegabile che vi serpeggi il malcontento per un governo che non offre garanzie ai giovani, i quali sono spesso costretti ad emigrare alla ricerca di un lavoro.
Nessun compromesso
La Chiesa chiede in anticipo il ritiro della legge. Protagonista delle mainifestazioni è il metropolita Amfilohije, capo della Chiesa ortodossa serba in Montenegro, un uomo navigato e che gode di estrema popolarità nel Paese. Con i suoi 83 anni, Amfilohije è ritenuto un'autorità dagli Ortodossi che vedono in lui il diretto “antagonista” del premier serbo. Questi ha già chiesto di dialogare per intavolare negoziati. Ma il metropolita rimane fermo sul ritiro della legge, consapevole che lo sta appoggiando gran parte del Paese. Insomma: questa legge non s'ha da fare!