P apa Francesco e il presidente della Repubblica Sergio Matterella hanno più volte sollecitato nuove forme di cooperazione tra Stato e Chiesa per il bene comune. Nel settore del sostegno alla disabilità collaborano all'interno del Welfare due strutture-gemelle istituite a Palazzo Chigi e alla Conferenza episcopale italiana.
La Chiesa
Da aprile la Cei ha tradotto in prassi quotidiana e in una struttura “ad hoc” la sollecitudine di Francesco. Negli ultimi anni, in vari incontri con associazioni di disabili, il Papa aveva stigmatizzato la “discriminazione” all’interno della Chiesa, che porta talora a escludere i disabili dai sacramenti. La parrocchia, per il Papa, non deve mai chiudere le porte. “È vero – ha esemplificato il Pontefice – che se vuoi fare la comunione devi avere una preparazione. Se non capisci questa lingua, se per esempio sei sordo, devi avere la possibilità di prepararti con il linguaggio dei sordi”. Anche “se sei diverso”, “hai la possibilità di essere il migliore”, poiché non è detto che chi “ha i cinque sensi che funzionano bene” sia “migliore di quello che è sordomuto”. E allora, “tutti abbiamo la stessa possibilità di ricevere i sacramenti”. Inoltre “quando, tanti anni fa, il papa Pio X ha detto che si doveva dare la comunione ai bambini, tanti si sono scandalizzati: ma quel bambino non capisce…”. Quindi “date la comunione ai bambini, ha detto il Papa. E ha fatto della diversità un’uguaglianza”.
Lo Stato
Gli interventi e le azioni dello Stato sono affidate all'Ufficio di coordinamento delle azioni del Governo per le persone con disabilità e le loro famiglie, il cui portale aggiorna sulle politiche che il governo mette in campo in favore delle persone con disabilità e consente di entrare in contatto con le istituzioni che si occupano di questi temi, attraverso la mail ufficio.disabilita@governo.it. Il sito è raggiungibile al link disabilita.governo.it. L’Ufficio è la struttura di supporto di cui si avvale il presidente del Consiglio dei Ministri per la promozione e il coordinamento dell’azione del Governo in materia di disabilità. In particolare, l’ufficio cura gli adempimenti per la realizzazione degli interventi connessi all’attuazione delle politiche in coerenza con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. L’Ufficio svolge le attività istruttorie connesse all'adozione degli atti, anche normativi, di competenza in materia di disabilità. E cioè cura l'attività istruttoria ai fini della promozione di intese in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, numero 281, dirette a sviluppare una governance coordinata tra i diversi livelli di governo delle prestazioni e dei servizi socio-sanitari ed educativi in favore delle persone con disabilità. Inoltre assicura l'attività di informazione e comunicazione istituzionale nelle materie di propria competenza, ivi compresa la divulgazione delle azioni positive e delle migliori pratiche. Garantisce la rappresentanza di governo negli organismi nazionali, europei e internazionali competenti in materia di disabilità e fornisce il necessario supporto all’autorità politica nell’esercizio delle medesime funzioni.Promuove, in collaborazione con l’Istat e con l’Inps, l’attività di raccolta dei dati relatici alle persone con disabilità. Cura l’istruttoria delle istanze inerenti quesiti o segnalazioni sulla condizione di disabilità. Promuove e coordina attività di studio, ricerca nell’ambito delle politiche in favore delle persone con disabilità. Predispone i pareri sulla richiesta di patrocinio alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di disabilità. Favorisce un confronto con le federazioni e con le associazioni maggiormente rappresentative in materia di disabilità.
L'esempio dei vescovi
Fino a un anno fa era un settore dell’Ufficio catechistico nazionale, dallo scorso aprile, spiegano alla Conferenza episcopale italiana, “per assicurare un contributo più unitario, trasversale e continuativo”, il Consiglio episcopale permanente l’ha costituito come servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità. L’intento è quello di “offrire alla Cei, alle diocesi, agli istituti di vita consacrata, alle società di vita apostolica, ad associazioni e movimenti un supporto per l’inclusione nella vita ecclesiale delle persone con disabilità (intese come soggetti a pieno titolo della pastorale) e dei loro familiari. Il manifesto della nuova struttura della Cei è costituito proprio dalle parole rivolte a braccio dal Pontefice nelle udienze a gruppi di persone con disabilità. Se il prete non accoglie tutti “chiuda la porta della Chiesa”. E “a un sacerdote che non accoglie tutti, che consiglio darebbe il Papa? Chiuda la porta della Chiesa, per favore: o tutti o nessuno!”, ha detto Francesco, parlando sempre “a braccio”. E se un prete dice: “Non posso accogliere tutti perché non tutti sono capaci di capire”, il Papa risponde: “Sei tu che non sei capace di capire!”. “Quello che deve fare il prete, aiutato dai laici, dai catechisti, da tante persone, è aiutare tutti a capire la fede, l’amore, come essere amici, le differenze, come si “complementano” le cose”.
La strada indicata da Francesco
Francesco sottolinea due parole, “accogliere e ascoltare”. Accogliere, “cioè ricevere tutti”, e “ascoltare tutti”. “Oggi credo che nella pastorale della Chiesa si facciano tante cose belle, tante cose buone nella catechesi, nella liturgia, nella Caritas, con gli ammalati”, “ma c’è una cosa che si deve fare di più”, soprattutto da parte dei sacerdoti: “L’apostolato dell’orecchio, ascoltare”. “Le diversità ci fanno paura perché andare incontro a una persona che ha una diversità grande è una sfida, e ogni sfida ci fa paura. È più comodo non muoversi, ignorare le diversità, dire che tutti siamo uguali”. Ma “tutti siamo diversi, non c’è uno che sia uguale all’altro”. Più volte nei suoi discorsi Francesco ha ricordato come “le diversità sono proprio la ricchezza”. “Pensiamo a un mondo dove tutti siano uguali: sarebbe un mondo noioso”. “È vero, ci sono diversità che sono dolorose, ma anche quelle diversità ci aiutano, ci sfidano e ci arricchiscono”.
In aiuto alle fragilità
“Non aver paura delle diversità è la strada per migliorare, per essere più belli e più ricchi”, avverte il Papa vedendo nella stretta di mano il gesto che si fa per “mettere in comune quello che noi abbiamo”. Le persone con disabilità “non sono soltanto in grado di vivere una genuina esperienza di incontro con Cristo, ma sono anche capaci di testimoniarla agli altri”, sostiene papa Francesco.. “Molto è stato fatto – riconosce il Papa – nella cura pastorale dei disabili; bisogna andare avanti, ad esempio riconoscendo meglio la loro capacità apostolica e missionaria, e prima ancora il valore della loro ‘presenza’ come persone, come membra vive del Corpo ecclesiale. Nella debolezza e nella fragilità si nascondono tesori capaci di rinnovare le nostre comunità cristiane”. Nella Chiesa, prosegue il Papa, “si registra una diffusa attenzione alla disabilità nelle sue forme fisica, mentale e sensoriale, e un atteggiamento di generale accoglienza. Tuttavia le nostre comunità fanno ancora fatica a praticare una vera inclusione, una partecipazione piena che diventi finalmente ordinaria, normale. E questo richiede non solo tecniche e programmi specifici, ma prima di tutto riconoscimento e accoglienza dei volti, tenace e paziente certezza che ogni persona è unica e irripetibile, e ogni volto escluso è un impoverimento della comunità”. Bergoglio sottolinea come sia “decisivo il coinvolgimento delle famiglie, che chiedono di essere non solo accolte, ma stimolate e incoraggiate”. “Le nostre comunità cristiane – chiede – siano “case” in cui ogni sofferenza trovi compassione, in cui ogni famiglia con il suo carico di dolore e fatica possa sentirsi capita e rispettata nella sua dignità”.