“Virginia e il Professore”, il libro che dà voce e ascolto agli adolescenti

“Quella dell’insegnante non è una professione facile, ma è certamente una professione felice”, dice a Interris.it Marco Pappalardo, professore di lettere, giornalista e scrittore. Da uno scambio di mail con una studentessa è nato il libro a quattro mani “Virginia e il Professore”

Marco Pappalardo e Virginia Di Vincenzo, (per gentile concessione)

Due mondi vicini e lontani, quelli degli insegnanti e dei loro alunni e studenti. Si girano intorno come pianeti e satelliti per cinque-sei ore al giorno per quasi una settimana, poi si separano per tornare alle rispettive vite – seppure la “forza di gravità” non si annulli del tutto, tra lezioni da preparare, compiti da correggere o da fare, verifiche per cui ripassare. Capita anche che i pianeti si allineino e da questo nasca qualcosa di nuovo e buono. Come il libro “Virginia e il Professore”, testo a quattro mani che raccoglie lo scambio epistolare 2.0 – avvenuto via e-mail – tra la studentessa Virginia Di Vincenzo e il professore di lettere Marco Pappalardo che consente di conoscere da vicino, dalla sua viva voce (messa per iscritto), il mondo delle e degli adolescenti, con i suoi entusiasmi e le sue incertezze, la sua forza e le sue fragilità. Interrogativi e riflessioni che aprono all’ascolto e al dialogo, sempre nel rispetto dei distinti ruoli, per rendere i giovani d’oggi i migliori adulti possibili di domani e far evolvere e maturare la società. Vincere cioè la sfida educativa.

L’intervista

Del libro e di come sono cambiate nel tempo la figura dell’insegnante e dello studente Interris.it ne ha parlato con Marco Pappalardo, oltre che docente anche giornalista e scrittore.

Il libro parla di una corrispondenza di e-mail tra una studentessa e un professore. Come è nata questa corrispondenza? 

“Tutto ha inizio da una bella lettera che Virginia invia ad uno storico sito che si occupa di tematiche educative, Note di Pastorale Giovanile. Un testo che non mi sfugge, tanto da inviare una mia lettera al sito per rispondere alle domande poste dalla ragazza che non conoscevo, così come faccio con i miei alunni in aula normalmente, condividendo ogni giorno un tempo di ascolto. Internet diventa dunque una specie di postino virtuale, il sito una sorta di ufficio postale per un intero anno scolastico e più, e le e-mail una corrispondenza vera e propria”.

Perché avete deciso di raccogliere queste lettere in un libro?

“Il web è ricco di risorse, ma tutto passa molto velocemente; ci è sembrato un peccato lasciare passare tanta ricchezza di riflessioni, soprattutto in un tempo di emergenza educativa, delicato per gli adolescenti e pieno di interrogativi per noi adulti educatori. Inoltre, Virginia era nell’anno degli esami di maturità, appena conclusi, dunque una bella occasione per rileggere il tempo passato con uno sguardo al futuro da condividere tramite un libro con tanti altri. Infine, parliamo tanto di adolescenti, ma quando gli diamo voce e li ascoltiamo davvero? Il libro ‘Virginia e il Professore’ è quella voce e quell’orecchio!”.

Quali sono gli argomenti che trattate nello scambio di mail?

“Ogni lettera affronta un tema del mondo adolescenziale, che apre poi a varie riflessioni che toccano la vita di tutti: amore, amicizia, famiglia, corporeità, cambiamento, dolore, fede, scuola, letteratura, tempo libero, musica, web, sogni, progetti, futuro, università, lavoro, impegno, bontà, cattiveria, legalità, gratuità, gratitudine. Leggendo ‘Virginia e il Professore’, ognuno può vedere sé stesso, immedesimarsi nell’una o nell’altro, scoprire qualcosa di nuovo e perdere qualche certezza, rasserenarsi dinanzi le problematiche vissute e trovare la forza per affrontarle, capire che tutti abbiamo da imparare e soprattutto, nel farlo, abbiamo bisogno di un altro”.

A volte, si pensa che il ruolo di un insegnante termini nel momento esatto in cui il suono della campanella sancisce la fine delle lezioni. E’ così? 

“Nella mia esperienza il suono della campanella è spesso l’inizio delle conversazioni ‘private’ con gli alunni su questioni che non possono essere affrontate con la classe perché personali. Non è mai il caso di rimandare a data da destinarsi, poiché se uno studente ti chiede di essere ascoltato a parte, c’è sempre un vero bisogno dietro. Poi, ci sono le chat di classe da sfruttare bene per le comunicazioni tecniche, per gli auguri di compleanno se non ci si vede a scuola, per condividere contenuti interessanti, per brevi confronti uno ad uno da continuare faccia a faccia. Inoltre, hanno un valore significativo le attività extracurriculari a scuola o altrove, come le esperienze di volontariato vissute insieme. Infine, il ‘ruolo’ continua con la correzione dei compiti, la preparazione delle lezioni, le riunioni, la formazione continua”.

Nel corso degli anni, la figura degli insegnanti è cambiata?

“Nelle aule, nei corridoi, nei cortili e nelle palestre si raccoglie ogni giorno il senso degli anni di studio, di approfondimento, di specializzazione, di abilitazione, di gavetta, di fatica, di orgoglio ferito, di un mestiere a volte calpestato. Ci si può piangere addosso o al contrario dimostrare ogni ora, ogni campanella, che l’alta missione del docente supera gli ostacoli della burocrazia poco efficiente e di una politica per niente lungimirante. Come mostrarlo? Dando a scuola il meglio di sé quotidianamente! Non sarà semplice, non lo è mai, tuttavia non è una sfida per il podio il più alto, poiché la gara verrà vinta ogni volta che sarà stato fatto al meglio il proprio dovere e le ‘medaglie’ arriveranno dagli studenti stessi, magari quando meno lo si aspetta. Non è una professione facile, per quanto si dica il contrario, certamente è una professione felice! Qualcuno dirà che non è vero, che lungo il cammino si è persa la voglia, che le istituzioni mettono i bastoni fra le ruote, che non c’è riconoscenza, che gli studenti sono svogliati. Se fosse così, dunque, perché continuare a mettersi sulla linea di partenza il 1° settembre? Vi sono due risposte possibili: la prima è la necessità di tirare a campare e di uno stipendio per quanto inadeguato, l’altra è il credere veramente nel valore dell’insegnamento per la crescita globale degli studenti, per l’educazione della gioventù, per rendere la società migliore attraverso la cultura, per realizzare sé stessi”.

E gli studenti?

“C’è sempre molto di più di quello che da insegnanti immaginiamo o identifichiamo: c’è il ‘vecchio’ (della nostra adolescenza e di ogni adolescenza), solo che spesso noi lo dimentichiamo; c’è il presente che non è facile da comprendere ma che rischia di essere sempre giudicato male, quando invece sarebbe meglio tacere nel dubbio o, perché no, dire bene; c’è il nuovo che spesso gli studenti non sanno definire poiché nasce proprio con loro e che, come adulti, dobbiamo osservare con meraviglia, curiosità, giusta distanza”.

Qual è il messaggio che volete trasmettere con questo libro? 

“Ci piace sintetizzare per punti il nostro messaggio, tuttavia lasciando ad ogni lettore il piacere di trovare ciò che cerca: rispondere all’emergenza educativa puntando sull’ascolto, sul non rimandare le questioni importanti, con il linguaggio delle nuove generazioni, puntare sul dialogo libero, profondo e stimolante tra giovani e adulti nel rispetto dei ruoli, guardare da diversi punti di vista e senza aver paura di affrontare le questioni più scottanti, stimolare al confronto sincero, seppur difficile a volte, tra le generazioni, valorizzare la scuola, le discipline, l’orientamento, gli aspetti relazionali, il rapporto educativo tra alunno e docente e incoraggiare i ragazzi a credere in sé stessi e gli educatori a non mollare la sfida educativa”.