Educare al dialogo: iniziativa Agesci-Sant’Anna

A Pisa un'occasione per riflettere sul rapporto tra libertà e sicurezza nella Costituzione

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Il dialogo come metodo di condivisione e pacifica convivenza. Sullo scacchiere internazionale, a livello istituzionale, nelle aule scolastiche, tra le mura domestiche, nella vita individuale e comunitaria. In nessun ambito si può prescindere dalla necessità del dialogo. “Il dialogo nasce da un atteggiamento di rispetto verso un’altra persona.
Dalla convinzione che l’altro abbia qualcosa di buono da dire- insegna papa Francesco-. Il dialogo presuppone fare spazio, nel nostro cuore, al suo punto di vista, alla sua opinione e alle sue proposte. Dialogare significa un’accoglienza cordiale e non una condanna preventiva. Per dialogare bisogna sapere abbassare le difese, aprire le porte di casa e offrire calore umano”. Jorge Mario Bergoglio ha esortato i partecipanti ad un congresso sul dialogo interreligioso a parlare con l’altro senza paure e senza condanne. “Dio è il Padre di tutti e ci porta a dialogare”, sottolinea il Pontefice.

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Elementi del dialogo

Il dialogo al centro della vita comunitaria, quindi. “Nella società pluralistica contemporanea l’atteggiamento dialogico assume un ruolo sempre più strategico. Perché in grado di favorire la convivenza democratica e la tolleranza delle diversità. Senza annullare l’eventuale disaccordo tra posizioni differenti”, spiega il professor Nicolò Valenzano, autore del volume “Il dialogo. Dimensioni pedagogiche e prospettive educative. Il volume affronta il tema del dialogo da una prospettiva educativa. Andando a indagare le dimensioni pedagogiche fondamentali da coltivare. Per tenere vivo l’atteggiamento dialogico e lo spirito di apertura nelle relazioni in generale e in quelle educative in particolare. “Analizzando il contributo di Buber, Ricoeur, Calogero e Freire, emergono le molteplici dimensioni formative dell’incontro educativo tra io e tu”, precisa Valenzano che sottolinea in particolare il ruolo del terzo elemento. Ogni teoria del dialogo, infatti, chiama in causa un particolare terzo elemento, “rivelatore della fondamentale portata pedagogica di ciascun approccio”. Tra le caratteristiche fondamentali per un dialogo autenticamente educativo ci sono il rispetto, l’empatia e l’esemplarità.

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Fonte: Scuola Sant’Anna di Pisa

Dialogo e valori

Insieme per riflettere sul rapporto tra libertà e sicurezza nella Costituzione. Si è svolto a Pisa un seminario promosso dall’Associazione degli Allievi insieme ad Agesci e Cngei. “Tutelare la libertà, garantire la sicurezza: tra Costituzione ed educazione” è il titolo del convegno organizzato nell’aula magna della Scuola Superiore Sant’Anna. A promuoverlo l’Associazione degli Allievi della Scuola Superiore Sant’Anna. Insieme alle associazioni scout Agesci Toscana e Cngei Pisa. Tra i relatori Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale. Emanuele Rossi, docente di Diritto Costituzionale della Scuola Superiore Sant’Anna. Salvatore Settis, accademico dei Lincei. Al centro della discussione il tema del bilanciamento tra due valori garantiti dalla Costituzione. Ossia quello di libertà, inclusa la libertà di riunione. E quello della sicurezza pubblica. Il confronto ha approfondito le modalità di bilanciamento possibili. Quali siano i ruoli del diritto e dell’educazione. L’incontro ha tratto spunto dagli eventi di Pisa dello scorso 23 febbraio. Quando un corteo studentesco è stato interrotto da una carica della Polizia, dando origine a un ampio dibattito, con un intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il seminario è stato introdotto e moderato da Agnese Gulina, Allieva della Scuola Superiore Sant’Anna.

Fonte: Vatican News

L’importanza del dialogo

“È importante dialogare” con chi la pensa in modo diverso da noi, perché Dio “che è il Padre di tutti ci porta a dialogare”. E a rispettare il cammino degli altri, ha detto papa Francesco al Congresso promosso dall’Istituto del dialogo interreligioso. Condividendo i suoi ricordi d’infanzia in Argentina, il Pontefice ha rievocato che “le confessioni religiose non sempre hanno dialogato. Il cambiamento sta nel fatto che prima si parlava con lo specchio. Ti guardavi e ti rispondevi, e condannavi quelli che stavano fuori, li schedavi”. A Buenos Aires, ricorda, c’era un parroco famoso che mandava gli scout a incendiare le tende degli evangelici. I protestanti, osserva, non venivano minimamente considerati persone, perché c’era un clima di condanna. Da sua nonna ha ascoltato “il primo discorso ecumenico” della vita. Quando aveva circa quattro anni, le chiese chi fossero due signore dell’Esercito della Salvezza che avevano incontrato per strada. Lei rispose: “Sono protestanti, però sono buone”. Aggiunge Francesco: “Con gli ebrei ho sempre avuto una grande vicinanza grazie alla scuola, ho avuto vari compagni ebrei, a volte studiavamo insieme. E quando ero arcivescovo, ho accompagnato, mentre stava morendo, uno di quei compagni ebrei, che non aveva rinnegato la propria fede”.

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In cammino

È importante, secondo Francesco, che quel dialogo che ognuno di noi aveva con lo specchio della propria confessione si sia allargato e si faccia tra fratelli. E che non ci sia la paura di dialogare fuori dallo specchio. E ancor meno la smania di convincersi l’un l’altro, di convertire l’altro. Si dialoga, si dialoga, ognuno racconta la propria esperienza, che è un’esperienza di Dio. E Dio si manifesta in tutte le culture, in tutte, alla maniera di quella cultura, si manifesta nei popoli che hanno percorso un cammino della storia in modo diverso. Popoli che hanno camminato in un altro modo, ma è lo stesso Dio. E Lui che è il Padre di tutti ci porta a dialogare”. Inoltre “nella nostra vita c’è sempre un percorso che va dal dialogo con lo specchio al dialogo con la realtà, al dialogo con i nostri fratelli. Con la realtà vivente che sono i nostri fratelli. È la mano tesa”. Quindi osserva che “non siamo isole”. E che nel dialogo non bisogna dire agli altri: “La mia Chiesa è l’unica, la vera, voi siete di seconda o di quarta categoria”. E ha aggiunto: “Sono convinto che il cammino che sto seguendo è quello che Dio vuole che sia vero per me. E perciò quando parlo della mia confessione religiosa, per coerenza dico ‘No, questa è quella vera’, ma rispetto il cammino degli altri che dicono a loro volta: ‘Questa è quella vera’. E questo non è relativismo, è rispetto e convivenza”.