Il modello di relazione sorprendente che ci propone Gesù nel Vangelo

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Oggi abbiamo sempre più problemi di relazione. Per questo motivo ci chiudiamo gradualmente ed efficacemente in noi stessi, estraniandoci dagli altri. Del resto, le relazioni, quelle concrete e dirette, come si dice “nella vita reale”, costano – e più siamo immersi nel mondo virtuale, più ne sentiamo il sacrificio. Eppure il Signore Gesù nel Vangelo di oggi propone un modello di relazione sorprendente: da un lato molto distante dagli standard odierni, dall’altro bello e commovente. È questo, in fondo, il modo in cui viviamo le relazioni: confuso, poco realistico, orientando i nostri desideri e ricerche nel buio. Forse è per questo che il Signore Gesù offre questo modello della vite, che costituisce e chiarisce le nostre relazioni sia con Lui che tra di noi.

È significativo che l’uomo – dopo tutto, più in alto nella gerarchia della creazione rispetto ad una semplice pianta – impari da questo modello, proprio da una pianta. Sono certo che tutti gli “ambientalisti incalliti” che credono che anche le piante abbiano un’anima saranno contenti di sentirlo, ma la scintilla della vita di Dio è accesa in ogni creatura vivente che è opera delle sue mani.

Una scintilla di vita, ancora accesa nelle piante. Noi come uomini non diamo valore alla vita perché è troppo difficile, così cerchiamo di imbrogliarla, di sfuggirle. Nel frattempo, le piante sono estremamente oneste sulla loro vita. Si impegnano con tutto il cuore. Forse è per questo che il Signore Gesù ne fa un modello di relazione? Ecco come la mette il botanico-poeta:

Forme radicali estese e ramificazioni sotterranee creano geometrie tridimensionali costantemente rinnovate. Poi si collegano al tronco, come una mano che stringe un mazzo di fiori, e i fili di legno si intrecciano strettamente tra loro ramificarsi, espandersi spazialmente e frammentarsi nelle mappe delle nervature fogliari.

Il legno è un tessuto costituito principalmente da cellule morte. Nella nostra zona climatica, nelle piante perenni appare ciclicamente, dall’inizio della primavera fino all’estate, vicino a ciascuna corteccia, perché è lì che si divide il cambio, il tessuto creativo.

Fa caldo, è primavera, i rami sono abbracciati dalle zampe degli uccelli. Sole. Cellule fresche il legno è acquoso, morbido e malleabile. La gente esce per prendere aria. Si scaldano il viso. Foglie verde chiaro. Le cellule maturano per un po’, crescono, cominciano a irrigidire le pareti e poi si digeriscono dall’interno, uccidendosi.

Ma doveva essere così fin dall’inizio: dal momento in cui vengono creati, hanno al loro interno piccole bolle, che sappiamo un giorno scoppieranno, liberando enzimi che digeriscono l’intero protoplasto vivente. Si mettono in mostra, si divorano e cadono nell’inesistenza. Vacanze primaverili. Luce, finalmente luce primaverile. Le celle di legno sono già vuote. Come un appartamento dopo un trasloco, con il fantasma della sua esistenza precedente, ma presto l’acqua entrerà in queste stanze di legno e le inonderà tutte, finché ramificarsi, espandersi spazialmente e frammentarsi nelle mappe delle nervature fogliari.

Quanto coinvolgimento, quanto impegno – ma anche quanta ricchezza e generosità! Davvero, non abbiamo niente da imparare dalle piante: che sia una vite o altre? Mettiamoci a conoscerle meglio. Meditiamole, contepliamole- come in una sorta di “lectio divina fitologica”. Forse così potremmo diventare uomini e donne migliori.