La storia di Shagufta Kausar, perseguitata per la sua fede

Il 24 luglio alla Camera dei deputati è stato presentato il libro scritto da Shagufta Kausar insieme a Eugene Bach, iniziativa promossa dall'Associazione Pakistani Cristiani in Italia

La conferenza di presentazione del libro (per gentile concessione di Achiropita Curti)

Essere perseguitati a causa della propria fede religiosa è, ancora oggi, una dolorosa e ingiusta realtà. La libertà religiosa è tra i primi diritti umani a non essere riconosciuta e rispettata come tale in molti, troppi Paesi, tra cui il Pakistan.

Il 24 luglio, a Roma, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, durante la conferenza per la presentazione del libro “Under Threat of Death: A Mother’s Faith in the Face of Injustice, Imprisonment, and Persecution”, scritto da Shagufta Kausar insieme a Eugene Bach – alla presenza di esponenti della politica e delle istituzioni italiane, ecclesiastiche e religiose, anche pakistane, tra cui Tabassum Yousaf, Avvocato dell’Alta Corte del Pakistan – la stessa Shagufta ha raccontato la sua storia di iniqua violazione di un diritto fondativo della società civile, quale appunto la libertà religiosa, per il cui riconoscimento da anni si batte l’Associazione Pakistani Cristiani in Italia, promotrice dell’evento.

Una storia, quella di Shagufta Kausar, che ha rischiato, come quella di tanti, di non essere conosciuta o di essere dimenticata. Nel 2013, accusata di aver mandato un sms blasfemo a un Imam della Moschea locale, Shagufta, impiegata come donna di servizio in una scuola cattolica, è stata arrestata, suo marito Shafqat legato a testa in giù e picchiato e i suoi quattro figli presi in custodia dallo Stato. La verità era però un’altra. Shagufta non possedeva nemmeno un telefono (non è stato, infatti, mai trovato durante le indagini) ed era analfabeta, per cui non poteva aver scritto e inviato quel messaggio. Shagufta era, dunque, innocente, ma, dopo la prima udienza in Tribunale, è stata comunque condannata a morte. In alternativa, le è stato proposto di abbandonare la propria fede e convertirsi all’Islam per scagionarsi e salvarsi. Shagufta ha rifiutato, restando in carcere e aspettando l’esecuzione della sentenza di condanna.

Divenuta la storia di dominio pubblico, Il 29 aprile 2021, il Parlamento europeo ha adottato la Risoluzione 2021/2647(RSP) sulle leggi sulla blasfemia in Pakistan, in particolare, sul caso di Shagufta Kausar e di suo marito. Il Parlamento europeo ha, dunque, invitato il Governo pakistano a condannare la violenza contro le minoranze religiose, a mettere in atto un processo di revisione delle leggi sulla blasfemia, al fine di prevenirne l’uso abusivo in attesa della loro abolizione, nonché a commutare le sentenze di condanna alla pena di morte, garantendo a chiunque il diritto a un giusto processo, riconosciuto a livello internazionale e tutelato dalla Costituzione. Nello stesso anno, l’Alta Corte di Lahore ha così assolto dalle accuse di blasfemia la coppia cristiana, riconoscendone l’innocenza.

Nonostante la sofferenza, la falsità delle accuse e le continue pressioni per convertirla all’Islam, Shagufta Kausar, donna, madre di quattro figli e, soprattutto, cristiana coraggiosa, non ha mai abbandonato la fede. “Ho passato otto anni in solitudine in carcere…Il Signore mi ha sempre aiutato, ha fatto tanti miracoli nella mia vita: in carcere, nel buio e con la paura della morte, mi ha liberato. Sono qui in mezzo a voi oggi, ma ero in carcere come cristiana. Ci sono tanti pakistani in carcere, hanno bisogno del vostro aiuto. I cristiani sono come pecore in mezzo ai lupi. Non c’è nessuno per salvarli”, ha testimoniato, durante la conferenza, Shagufta. “Ringrazio il Governo italiano – ha concluso – e chiedo di aiutare i cristiani in Pakistan per questa legge usata contro di loro”.

La sede istituzionale offerta per la Conferenza e gli interventi dell’Onorevole Lorenzo Malagola e della Senatrice Cinzia Pellegrino, hanno confermato l’impegno e l’attenzione dell’Italia al tema della persecuzione dei cristiani e reso omaggio all’esempio di servizio incondizionato ed alla testimonianza di perseveranza nella fede di Shagufta Kausar.

A causa dell’esistenza di leggi sulla blasfemia, 365 milioni di cristiani nel mondo, ogni anno, subiscono persecuzioni, ingiuste detenzioni e un vero e proprio martirio morale e fisico, se non addirittura, mortale. “Anche in Nigeria”, ha ricordato, infatti, Emmanuele Di Leo, Presidente di Steadfast, Organizzazione internazionale umanitaria in difesa dei diritti umani, “si stanno compiendo soprusi e massacri da parte dell’Islam radicale verso i cristiani. Dal 2015, a fine del mandato della presidenza di Jonathan Goodluck, primo presidente cristiano, dopo 50 anni, le azioni di violenza verso i cristiani hanno raggiunto l’apice. Pensate che nel 2015, 7.100 sono stati i cristiani uccisi nel mondo, di cui 4.028 solo in Nigeria. Un problema, dunque, molto sentito e all’islamizzazione della Nigeria, però, una gran parte del Paese si oppone”.

Shahid Mobeen, fondatore dell’Associazione Pakistani Cristiani in Italia ed organizzatore della Conferenza, intervistato da Interris.it, ha spiegato che “tanto si è fatto negli ultimi 30 anni. Noi, pakistani cristiani di tutte le Chiese, sia in Pakistan che a livello internazionale abbiamo svolto un grande lavoro di sensibilizzazione delle Istituzioni, dei Governi, delle Organizzazioni non governative, delle Organizzazioni intergovernative, e anche dell’opinione pubblica e dei media, affinché si potesse fare giustizia sui casi di Shefugta e Asia Bibi. La situazione del radicalismo estremista e islamista è presente in modo molto forte in Pakistan e questo provoca alle minoranze religiose essenzialmente tre problemi, quali l’abuso delle leggi sulla blasfemia, con conseguenti condanne a morte o all’ergastolo, la grave difficoltà di proteggere le giovani donne, che vengono rapite, violentate, convertite all’Islam e date in matrimonio al rapitore nello stesso giorno ed, infine, la diffusione, attraverso l’educazione, di un tipo di estremismo radicale, religioso e islamico, che in Pakistan ha creato negli ultimi 40 anni una cultura di odio profondo in tutta la società”.

“Oggi – ha concluso Shahid Mobeen – a seguito dell’incessante lavoro delle Associazioni in difesa dei diritti delle minoranze religiose e, in particolare, dell’Associazione Pakistani Cristiani in Italia, l’opinione, pubblica e istituzionale, della comunità internazionale è maggiormente consapevole dell’esistenza di queste ingiustizie contro le minoranze religiose e assiste il Pakistan, e i partiti politici che si avvicendano al Governo, per contrastare queste violazioni e riuscire a salvare almeno alcune delle vittime dell’abuso della legge sulla blasfemia e, per quanto riguarda le ragazze, delle vittime delle conversioni forzate all’Islam”.

La strada da percorrere è certamente ancora lunga, ma i risultati raggiunti in questi anni fanno ben sperare e dimostrano che è possibile per la comunità internazionale collaborare e cooperare per la protezione delle minoranze religiose e per la tutela della dignità della persona, che è alla base della stessa libertà religiosa.