Dal Darfur a Rafah: catastrofe sanitaria

Medici senza frontiere: "Senza forniture mediche nelle aree dove sono più violenti gli scontri". Testimonianze di speranza e storie di sofferenza

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Foto di Peter H da Pixabay

Guerra ed emergenza sanitaria: dal Darfur a Rafah. Msf avverte che dalla Terra Santa al Sudan le forniture mediche si stanno esaurendo. “A Gaza assistenza a rischio, Israele apra i varchi agli aiuti“. Le quantità di medicinali e attrezzature essenziali a disposizione dei team di Medici senza frontiere (Msf) hanno raggiunto livelli critici. Nessuna fornitura dell’organizzazione è entrata a Gaza dalla fine di aprile. La chiusura del valico di Rafah, a seguito dell’offensiva israeliana nel sud di Gaza all’inizio di maggio, insieme all’infinita burocrazia imposta dalle autorità israeliane, hanno congestionato drammaticamente il flusso di aiuti umanitari attraverso Kerem Shalom. Ciò ha portato a lunghe code di camion e a pericolosi ritardi nella consegna dell’assistenza umanitaria a Gaza. Inoltre, anche quando gli aiuti possono entrare nella Striscia, l’insicurezza spesso non permette alle organizzazioni umanitarie di farli arrivare dove sono disperatamente necessari. Nonostante i bisogni medici siano in aumento in tutta la Striscia, se non ci sarà un significativo rifornimento di forniture mediche nei prossimi giorni, Msf potrebbe essere costretta a interrompere o ridurre drasticamente alcune delle sue attività mediche a Gaza.

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© Irene D’Agostino/MSF

Catastrofe sanitaria

“Il 75% della popolazione sfollata e costretta a vivere in condizioni terribili – spiega Guillemette Thomas, coordinatrice medica di Msf in Palestina-. Nell’ultimo mese le équipe di Msf hanno registrato un’impennata di pazienti affetti da malattie della pelle come la scabbia. Mentre le scorte di farmaci per curarle si stanno esaurendo. A Khan Younis, non siamo stati in grado di fornire visite mediche di base per diversi giorni nel nostro centro sanitario di Al Attar, aperto di recente, a causa della mancanza di forniture e farmaci per le attività”. Nel frattempo, prosegue Thomas, “abbiamo sei camion pieni di 37 tonnellate di rifornimenti, la maggior parte dei quali sono articoli medici essenziali”, che attendono di entrare dal 14 giugno. “Le autorità israeliane devono aprire urgentemente altri valichi per decongestionare Kerem Shalom. E accelerare in modo massiccio la quantità di aiuti che arrivano a Gaza ogni giorno. Chiediamo inoltre a tutte le parti di garantire percorsi sicuri per lo spostamento degli aiuti umanitari all’interno della Striscia. Questo è l’unico modo per evitare altre morti prevenibili”, avverte Thomas. “Il Sudan è segnato da una delle peggiori crisi che il mondo abbia visto negli ultimi decenni e la risposta umanitaria è profondamente inadeguata“, afferma il presidente di Medici Senza Frontiere (Msf), Christos Christou.

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Il Dr. Henryk Mazurek, di MSF. Foto: @MSF_ITALIA

Sos carestia

“Abbiamo visto proiezioni sulla mortalità secondo le quali più di 2,5 milioni di persone – circa il 15% della popolazione – in Darfur e Kordofan, le regioni più colpite, potrebbero morire entro la fine di settembre”, sostiene l’ambasciatore statunitense all’Onu, Linda Thomas-Greenfield. Tali dati fanno temere che la fame in Sudan possa raggiungere livelli mai visti dalla carestia in Etiopia dei primi anni ’80, che uccise 1,2 milioni di persone. “Ci sono livelli estremi di sofferenza in tutto il Paese e i bisogni aumentano di giorno in giorno“, ha sottolineato il presidente di MSF. Il conflitto sudanese ha ripercussioni gravose anche sul confinante Sud Sudan, che finora ha accolto 680 mila rifugiati in fuga. Nei prossimi mesi, la pressione sui servizi sanitari e sulle organizzazioni umanitarie è destinata ad aumentare e si prevede che, entro luglio, 7 milioni di persone non avranno accesso a cibo a sufficienza. Il sistema sanitario del paese e l’assistenza umanitaria riescono a malapena a soddisfare i bisogni della popolazione, motivo per cui Medici Senza Frontiere chiede un aumento immediato degli aiuti salvavita per i rifugiati in Sud Sudan e per la popolazione locale che li accoglie. Il conflitto, scoppiato nell’aprile 2023, tra l’esercito diretto dal generale Abdel Fattah Abdelrahman Al-Bourhane e le Forze paramilitari di supporto rapido del generale Mohammed Hamdan Daglo, ha causato decine di migliaia di morti e lo sfollamento di oltre 10 milioni di persone, secondo il bilancio diffuso dall’Onu.

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Cure in Sudan. Foto: Medici Senza Frontiere

Rifugiati

Entrambe le parti sono state accusate di crimini di guerra, per aver deliberatamente preso di mira i civili, bombardato aree popolate ed infrastrutture sanitarie e bloccato gli aiuti umanitari, nonostante la minaccia di carestia che incombe su milioni di sudanesi. Gruppi per i diritti umani e Washington hanno anche accusato i paramilitari di pulizia etnica e crimini contro l’umanità. In Sud Sudan, i bisogni della popolazione stanno aumentando drasticamente a seguito del massiccio arrivo di rifugiati in fuga dal conflitto nel vicino Sudan. Sos di Medici senza frontiere (Msf). Dopo l’inizio della guerra che ha causato oltre 10 milioni di sfollati, più di 680.000 persone sono arrivate in Sud Sudan dall’aprile dello scorso anno, mentre il sistema sanitario del paese e l’assistenza umanitaria riescono a malapena a soddisfare i bisogni della popolazione. Nei prossimi mesi, la pressione sui servizi sanitari e sulle organizzazioni umanitarie è destinata ad aumentare. E si prevede che, entro luglio, 7 milioni di persone non avranno accesso a cibo a sufficienza. Msf chiede un aumento immediato degli aiuti salvavita per i rifugiati in Sud Sudan e per la popolazione locale che li accoglie. Circa 13.000 rifugiati sono attualmente bloccati a Renk, città nello stato di Upper Nile in Sud Sudan che si trova a circa 60 chilometri da Joda, la prima località oltre il confine da dove entrano le persone in fuga dalla guerra.

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Foto di PublicDomainPictures da Pixabay

Centro di transito

Le condizioni di vita delle persone in transito – che attendono di continuare il viaggio in Sud Sudan o di rientrare in Sudan – sono terribili e l’accesso a cibo, acqua, riparo, servizi igienici e assistenza medica è limitato. Molti di coloro che arrivano al confine sono feriti e gravemente malnutriti. Dopo aver camminato per settimane per raggiungere un luogo sicuro. Le agenzie umanitarie forniscono loro il denaro necessario per comprare cibo per una settimana. Ma molte persone si ritrovano bloccate al centro di transito di Renk per settimane o addirittura mesi, in attesa di un mezzo di trasporto per proseguire il viaggio. “A volte riusciamo a mangiare due volte al giorno, ma di solito facciamo solo colazione e la sera andiamo a letto con lo stomaco vuoto, anche i più piccoli” racconta Dak Denj, un pastore di 70 anni che si trova nel centro di transito di Renk da dicembre dello scorso anno. A circa 300 chilometri da Renk, spiega sempre Msf, migliaia di rifugiati vivono nel centro di transito di Bulukat, vicino alla città di Malakal. Le équipe mediche di Msf hanno rilevato che la carenza di cibo, acqua, ripari e servizi igienici adeguati ha portato a un aumento di malattie come diarrea e infezioni respiratorie. Il continuo afflusso di rifugiati in Sud Sudan rischia di aggravare la già grave carenza di cibo e acqua sia tra i nuovi arrivati che tra le comunità ospitanti, e di rendere ancora più difficile l’accesso alle cure mediche. Prima dell’aprile 2023, nel centro per il trattamento della malnutrizione dell’ospedale di Msf nella città di Malakal, ogni mese venivano ricoverati tra i 30 e i 50 bambini gravemente malnutriti. Dallo scoppio della guerra in Sudan, il numero di bambini gravemente malnutriti ricoverati nella struttura è aumentato del 200%. “La malnutrizione aumenta il rischio di infezioni. In particolare tra i bambini sotto i cinque anni che hanno maggiori probabilità di morire a causa di malattie come la meningite, il morbillo, la febbre gialla, il colera e la malaria” afferma il dottor Eltigani Osman, coordinatore medico di Msf in Sud Sudan.

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Foto di Allen Meki su Unsplash

Siccità

La carenza d’acqua in tutta la regione costringe le persone a usare l’acqua dai fiumi. Esponendole a ulteriori rischi per la salute, soprattutto in una regione soggetta a epidemie di colera. Questi rischi sono destinati ad aumentare con l’avvicinarsi della stagione delle piogge, che si prevede causerà gravi inondazioni in tutta la regione, contaminando pozzi e ostacolando la risposta umanitaria. Inoltre, inondazioni sul lato sudanese del confine potrebbero spingere un numero ancora maggiore di persone a fuggire verso il Sud Sudan. Le organizzazioni umanitarie sono attualmente in azione per rispondere alla crisi e assistere tutta la popolazione. Dall’aprile 2023, Msf gestisce una clinica al confine, supporta l’ospedale di Renk e gestisce due cliniche mobili nell’area a Renk e Bulukat che curano circa 190 pazienti al giorno. Tuttavia, questo non è sufficiente e la portata della crisi richiede una risposta internazionale molto più ampia. “La risposta umanitaria rimane inadeguata ai bisogni, in un contesto in cui il sistema sanitario è già sottoposto a notevoli tensioni“, riferisce  Iqbal Huda, capomissione di Msf in Sud Sudan. “Chiediamo con urgenza ai donatori internazionali di stanziare fondi per rispondere ai bisogni dei rifugiati e della popolazione locale in Sud Sudan, incluso cibo, acqua, ripari, servizi igienici e cure mediche. Nonché i mezzi per consentire alle persone di continuare il loro viaggio“.