Coprifuoco, il sottosegretario Costa: “Ipotesi abolizione a giugno”

L'esponente di Noi con l'Italia ha affrontato anche i temi delle mascherine all'aperto e dell'idea dei tamponi gratis. Nuovo monitoraggio settimane della Fondazione Gimbe, diminuiscono i nuovi casi

Il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, esponente del partito Noi con l’Italia, ospite a Tv2000 ha avanzato ipotesi del superamento del coprifuoco nel prossimo mese e ribadito la scelta, fatta da politica, “sulla base di documenti e pareri da parte del Cts e l’Aifa”, di estendere a 42 giorni il richiamo del vaccino. Pubblicato il nuovo monitoraggio settimanale della Fondazione Gimbe che mostra il dimezzamento dei ricoveri da Covid e invita a “ridurre il peso dell’Rt” per l’assegnazione dei colori alla Regioni, indice ritenuto poco affidabile dagli stessi enti locali.

Le parole del sottosegretario

Nel corso del programma Vediamoci chiaro condotto da Giuseppe Caporaso su Tv2000, il sottosegretario Costa in merito all’ipotesi di modificare il coprifuoco ha dichiarato “mi auguro che già la prossima settimana ci possa essere un allungamento almeno di un’ora o anche di due ore“, aggiungendo che giugno potrebbe essere “il mese dove poter valutare l’ipotesi di abolire il coprifuoco”.

Nel corso della trasmissione, Costa ha spiegato che a un ritmo di 15 milioni di somministrazioni di vaccino mensili si arriverebbe a una sessantina di milioni di dosi inoculate entro luglio, per cui “credo che a fine luglio saremo in una percentuale di immunizzazione importante che ci permetterà anche di prendere in considerazione l’ipotesi di togliere le mascherine all’aperto“. Per consentire a tutti i cittadini di usufruire della certificazione verde, ha detto il sottosegretario, bisognerebbe prevedere “la gratuità dei tamponi”, così come – ha spiegato – chi si ammala di Covid viene curato gratuitamente e anche la vaccinazione è gratuita. A proposito di vaccini, Costa si è espresso anche sull’allungamento dei tempi tra la prima dose e il richiamo.

Nei giorni precedenti il Comitato tecnico scientifico aveva ritenuto “raccomandabile” posticipare fino a sei settimane la seconda somministrazione di Pfizer e Moderna, rispetto ai 21 e 28 giorni previsti. Parere che l’Agenzia europea dei medicinali non ha contrastato. Intanto due Regioni italiane, Emilia Romagna e Sicilia, hanno comunicato che sposteranno il richiamo fino a 35 e 30 giorni, invece che a 42. Su questo tema, il direttore medico di Pfizer Italia Valentina Marino in un’intervista a Repubblica ha risposto così a una domanda: “Abbiamo condotto un unico studio, con un intervallo di 21 giorni, che è stato usato per l’approvazione del vaccino. Non abbiamo in programma sperimentazioni con tempi diversi. Ci atteniamo ai risultati che abbiamo osservato, come azienda non potremmo certo dare consigli discordanti”.

Così Costa a Vediamoci chiaro: “Ci siamo assunti la responsabilità di fare questa scelta, una scelta che la politica ha fatto sulla base di documenti e pareri da parte del Cts e l’Aifa. Oggi il richiamo è stabilito a 42 giorni e chiediamo che i territori si attengano a questa prescrizione. Ci sono delle evidenze scientifiche. E la comunicazione da parte di Pfizer non aiuta a creare un clima e un rapporto di fiducia, però le regole che abbiamo stabilito sono chiare. Il richiamo viene fatto a 42 giorni e questo ci permette di procedere più rapidamente nella somministrazione delle prime dosi”

La situazione del Paese

Nel suo nuovo monitoraggio Fondazione Gimbe evidenzia come nell’ultimo mese i ricoveri per Covid si sono quasi dimezzati e continua la tendenza in calo dei nuovi casi settimanali. “Gli ultimi effetti di sei settimane di un’Italia rossa-arancione”, ha dichiarato il presidente Nino Cartabellotta. Nonostante questa diminuzione, con conseguente allentamento della pressione sugli ospedali, sale il l’indice di contagio Rt. Sulla campagna vaccinale, Gimbe osserva che è sempre più “Pfizer-dipendente” e una persone su due nella fascia d’età 60-69 non è ancora coperta dal vaccino.

In 35 giorni si sono quasi dimezzati i ricoveri per Covid nel nostro Paese e nella settimana tra il 5 e l’11 maggio, oggetto del monitoraggio, i nuovi casi si sono ridotti del 19%, a 63.409 contro i 78.309 di quella precedente e i decessi sono diminuiti del 15,4%, a 1.544 da 1.826. In quegli stessi giorni, i ricoverati con sintomi sono diminuiti di 3.239, pari al 17,8%, e i ricoveri nelle terapie intensive sono diminuiti di 371, pari al 5,1%. Dal 6 aprile scorso i ricoveri con sintomi nei reparti Covid nelle terapie intensive si sono ridotti del 49,1% e del 45,1%, grazie a una minor circolazione del virus dovuta all’elevata copertura vaccinale negli over80. Solo la Calabria supera la soglia di allerta del 40% per i posti letti occupati nei reparti ordinari, mentre la soglia di saturazione del 30% nelle terapie intensive risulta superata, seppur di poco, in Lombardia e in Toscana (32%).

Continua a salire leggermente l’indice di contagio Rt medio calcolato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), che rispetto al valore di 0,85 (0,80-0,91) della settimana precedente a quella in esame ha raggiunto lo 0,89 (0,85-0,91), sottolinea Gimbe. Il presidente Cartabellotta commenta che servirà una “revisione dell’algoritmo delle Regioni a colori” quando il virus tornerà a circolare nel Paese, pressoché tutto giallo dai prossimi giorni: “Ripristinare le soglie dell’indice Rt fissate dal Dpcm del 3 novembre 2020, ridurre complessivamente il “peso” dello stesso indice per assegnare il colore alle Regioni e, soprattutto, integrare indicatori relativi alle coperture vaccinali”.

Sui ritmi della campagna d’immunizzazione che da lunedì 17 maggio vedrà aperte le prenotazione per i quarantenni, secondo la fondazione nella fascia d’età compresa fra 70-79 anni è ancora scoperta una persona su quattro e lo è una su due nella fascia fra 60 e 69 anni. Si rileva infatti: “Il 68% degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con le Province autonome di Trento e Bolzano che si avvicinano all’80%”. Quasi l’80% dei 4,4 milioni di over80 ha completato il ciclo vaccinale, mentre solo il 18,1% dei 5,9 milioni di over70 e il 12,3% dei 7,3 milioni over60  ha ricevuto entrambe le dose. “Il mancato sprint della campagna vaccinale è influenzato dalla mancata somministrazione di 1.286.041 dosi di AstraZeneca” dovuto al tasso di rifiuto (fino al 46% in Sicilia), osserva Renata Gili, responsabile della Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione Gimbe.

A un mese e mezzo dalla fine del semestre devono essere ancora consegnate circa 50 milioni di dosi, quasi due terzi di quelle previste dal piano vaccinale, in una campagna vaccinale legata all’utilizzo di Pfizer. Il presidente di Gimbe Cartabellotta osserva: “Al di là di ritardi e irregolarità delle consegne di AstraZeneca  finora Johnson & Johnson ha consegnato solo “briciole” e oltre 7 milioni di dosi CureVac restano vincolate ai tempi di approvazione dell’Ema. Tenuto conto anche del numero esiguo di dosi di Moderna, la campagna vaccinale in Italia è sempre più Pfizer-dipendente”.