Il Sinodo della carità e del servizio

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Il Sinodo come scuola di comunità. Collegialità, sinodalità, camminare insieme. Nel Magistero di Francesco sono concetti ricorrenti. Sia che parli ai leader del G20 o ai movimenti popolari o ancora di più alla Chiesa nel suo insieme. Ed è quello che Francesco ha messo in pratica ogni volta al Sinodo dei vescovi. Evidenziando che ci sono sempre punti di vista diversi, ma bisogna cercare spazi per ascoltare lo Spirito Santo e permettergli di operare in profondità. Il Sinodo non è un parlamento, dove “per raggiungere un consenso o un accordo comune si ricorre al negoziato, al patteggiamento o ai compromessi“. L’unico metodo del Sinodo è quello di “aprirsi allo Spirito Santo, con coraggio apostolico, con umiltà evangelica e con orazione fiduciosa“. Nell’Evangelii Gaudium il Papa scrive: “Desidero una Chiesa povera per i poveri”. E subito dopo aggiunge che “essi hanno molto da insegnarci”. Quindi “é necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro”. Una sottolineatura che appare come il frutto del percorso della Chiesa latinoamericana dopo il Concilio. Ma anche dell’esperienza personale di Jorge Mario Bergoglio nelle periferie di Buenos Aires.

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La misericordia è innanzi tutto l’attuazione del Vangelo. Per questo è inevitabilmente anche l’attuazione del Concilio. E la manifestazione del Dna della Chiesa che “vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva” (Evangelii Gaudium). Questo desiderio spinge con tutte le sue forze ad andare incontro ai poveri, agli afflitti, ai bisognosi, Così, proprio l’esercizio della misericordia diventa il criterio di verità della fedeltà al Vangelo, nella comunità primitiva come nella Chiesa di oggi. In questa chiave va letto anche il Giubileo della Misericordia, che Francesco ha indetto esattamente a “sette settimane di anni” dalla chiusura del Vaticano II. A tutti gli effetti è un Giubileo del Concilio, di cui riafferma il carattere di evento della storia della salvezza. Lo aveva già detto Giovanni Paolo II, proprio in vista del Giubileo del 2000: “il Concilio Vaticano II costituisce un evento provvidenziale. Si tratta infatti di un Concilio simile ai precedenti, eppure tanto diverso. Un Concilio concentrato sul mistero di Cristo e della sua Chiesa ed insieme aperto al mondo. Questa apertura è stata la risposta evangelica all’evoluzione recente del mondo” (Tertio Millennio Adveniente).

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Credit: CARINO CARLO

In questa luce assume una particolare pregnanza simbolica l’apertura della Porta santa, resa possibile dall’abbattimento del muro che la chiude, segno di ciò che sempre opera la misericordia. Se tradizionalmente i fedeli l’attraversano per entrare, la Chiesa, che Francesco vuole sempre in uscita, è chiamata a imparare a varcare quella soglia in direzione opposta, per portare al mondo la misericordia e la salvezza di Dio e soprattutto
per riconoscerle e incontrarle già all’opera. Nell’udienza di venerdì al Movimento internazionale di studenti cattolici “Pax Romana” il Papa ha incoraggiato i giovani ad essere protagonisti della rivoluzione della carità e del servizio. La loro presenza e la loro attività in contesti accademici, negli ambienti di lavoro o per le strade delle città costruiscono “un mondo più compassionevole, armonioso e fraterno”. Jorge Mario Bergoglio fa riferimento in particolare all’opera di educazione e di formazione condotta da “Pax Romana” in Francia, Thailandia e Kenya. Basata sulla testimonianza del Vangelo e sulla dottrina sociale della Chiesa. Il Pontefice richiama il senso di cittadinanza globale e incoraggia l’azione a livello locale. Così da preparare i giovani ad approfondire la comprensione delle più urgenti questioni sociali del nostro tempo. Abilitandoli a promuovere cambiamenti efficaci nelle proprie comunità, servendo così da lievito evangelico. Mentre procede il Sinodo sulla sinodalità, il Papa esorta i giovani a coinvolgersi nel percorso sinodale della Chiesa.

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Un itinerario “fatto di cammino condiviso, di ascolto, di partecipazione e di impegno”. In un dialogo aperto al discernimento e attento alla “dolce voce dello Spirito Santo“. Francesco incoraggia i giovani ad accogliere la celebrazione dell’Anno Santo 2025 come “speciale occasione di rinnovamento personale“. E di “arricchimento spirituale in unione con tutta la Chiesa”. L’eloquente simbolo della Porta Santa attraversata dai fedeli a Roma ricorda, secondo il Pontefice, che “noi siamo tutti pellegrini, tutti in cammino. Chiamati insieme a un’unione più profonda col Signore Gesù. E alla disponibilità alla forza della sua grazia, che trasforma la nostra vita e il mondo in cui viviamo”. Un appello a “lavorare per lo sviluppo della pace, dell’armonia, della giustizia, dei diritti umani e della misericordia. E così per la propagazione del regno di Dio“. Jorge Mario Bergoglio affida le nuove generazioni all’intercessione di Maria, Regina della Pace. E del beato Pier Giorgio Frassati, che Francesco si appresta ad “annoverare tra i santi nel prossimo Anno Santo”.