Caso Consip, dopo la Procura anche il gip dice “no” alla scarcerazione: Romeo resta in cella

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Resterà in carcere Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano accusato di corruzione perché avrebbe pagato una tangente di 100 mila euro al dirigente Consip, Marco Gasparri. L’avvocato Francesco Carotenuto, avvocato di Romeo, aveva presentato due giorni l’istanza di scarcerazione per il suo cliente e la procura di Roma aveva dato parere negativo. Dello stesso avviso il gip Gaspare Sturzo, che oggi ha dato il suo responso ufficiale: Alfredo Romeo resta in carcere a Regina Coeli.

Il caso

L’imprenditore campano Alfredo Romeo è stato arrestato lo scorso primo marzo per corruzione nell’ambito dell’inchiesta Consip della Procura di Roma. Nei suoi confronti – che proprio oggi ha compiuto 64 anni – è stato anche disposto il sequestro patrimoniale di 100mila euro, che – a detta degli investigatori – sarebbero il provento della corruzione di un dirigente della Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana il cui azionista unico è il Ministero dell’economia e delle finanze (Mef).

Gli altri

L’inchiesta, trasferita nella Capitale per competenza, si è allargata dopo il coinvolgimento dell’attuale ministro Luca Lotti – all’epoca dei fatti contestati sottosegretario – di Tiziano Renzi, padre dell’ex premier (indagato per traffico di influenze) e del generale dei carabinieri, Tullio Del Sette. Gli investigatori hanno eseguito anche una serie di perquisizioni nei confronti dell’ex parlamentare di An e del Pdl Italo Bocchino, coinvolto nell’inchiesta Consip.

L’inchiesta

Tutto è scaturito da un’indagine che era stata avviata nei mesi scorsi dalla Procura di Napoli per presunte irregolarità nelle assegnazioni di alcuni appalti. Il fatto che il procedimento sia condotto dai magistrati dell’Antimafia è motivato dal presunto collegamento ai clan di alcuni dipendenti della ditta di pulizia, che fa capo al gruppo Romeo, che ottenne l’appalto per svolgere tale servizio all’ospedale Cardarelli di Napoli. Dagli accertamenti svolti dai magistrati emerse un presunto sistema di tangenti in riferimento sia all’appalto nell’ospedale Cardarelli che per altri lavori pubblici a Napoli. Gli sviluppi più importanti dell’indagine sono collegati alle intercettazioni telefoniche ed ambientali ed altre attività, come sequestri e perquisizioni (a Roma furono trovati in una discarica dei pizzini sui quali secondo l’accusa Romeo avrebbe annotato importo e destinatari delle mazzette) che hanno portato all’apertura del filone sugli appalti della Consip, la centrale di spesa della pubblica amministrazione. Ciò ha comportato una trasmissione, per competenza territoriale, di buona parte degli atti, alla Procura di Roma che sta operando in stretto contatto con i colleghi della Procura partenopea.