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IL BURKINA FASO “CURA” LA MALASANITA’

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. L’articolo 32 della Costituzione rappresenta uno dei grandi progressi dell’umanità moderna. Un tempo, anche in questa parte del mondo, pensare a una sanità accessibile a tutti era chimera. Solo i personaggi più facoltosi potevano permettersi le migliori cure mediche, mentre gli altri (i poveri) affidavano il proprio destino a strutture fatiscenti, destinate a evitare la diffusione del contagio piuttosto che ad offrire terapie idonee. La mortalità, per malattie oggi curabili con una pillola acquistabile in farmacia a costi non proibitivi, era altissima.

Lo stesso avviene oggi in diverse regioni del pianeta, dove solo l’intervento delle associazioni umanitarie consente alla popolazione di avere accesso ai farmaci. Uno schiaffo a quel senso di solidarietà che dovrebbe guidare la nostra società, troppo spesso sacrificato sull’altare dell’interesse economico. In un contesto caratterizzato dal cinismo una buona notizia proviene dal Burkina Faso. In una delle nazioni più povere del continente africano da qualche mese donne incinte e bambini sotto ai 5 anni possono accedere a cure gratuite. Tutto ciò grazie all’apporto del Fondo Globale contro aids, tbc, malaria, e all’azione mirata del governo locale.

A testimoniare l’importanza dei fondi internazionali per una più ampia strategia a favore della salute, ma sempre in stretto collegamento con l’azione interna degli esecutivi, è stato il ministro della Salute del Burkina Faso, Smaila Ouedraogo, durante il convegno internazionale “The contribution of the Global Fund”, andato in scena a Roma, all’Istituto Superiore di Sanità. “Grazie ai fondi del Global Fund – ha spiegato il ministro – abbiamo ottenuto grandi miglioramenti ed i casi di Hiv, ad esempio, sono oggi sotto l’1%. Ma i fondi vengono usati anche per una strategia più ampia, cui contribuisce il governo nazionale”.

Così è stato possibile rendere gratuito l’accesso alle cure per le future mamme ed i bambini. Le donne, infatti, ha rilevato il politico africano, “dipendono in Burkina Faso dal sostegno economico dei mariti e per questo, nella maggioranza dei casi, non usufruivano di terapie e cure a pagamento. Ora, nell’arco di poco più di tre mesi, il numero di donne incinte che hanno chiesto accesso alle cure è invece più che raddoppiato”.

Fondamentale, ha sottolineato, è dunque che “i governi nazionali in Africa agiscano in modo mirato, secondo i bisogni di salute della popolazione”. In questo quadro, il contributo del Global Fund è stato determinante: “Dal 2006 – ha evidenziato – abbiamo ricevuto 354 mln di dollari ottenendo notevoli passi avanti nella salute dei cittadini”. E le cifre lo testimoniano: “Se nel 2000 la mortalità dei bimbi sotto i cinque anni era di 186 su mille, nel 2015 si è assestata a 82 su mille, e se sempre nel 2000 morivano di parto 450 donne su 100 mila, oggi – conclude il ministro – ne muoiono 330 e gli indici continuano a migliorare”.

Con queste politiche sociali il governo del Burkina Faso ha raccolto l’appello di alcune organizzazioni umanitarie. Tra queste c’è Amnesty International che individuava una serie di problemi alla base dell’elevato tasso di mortalità. Tra queste: il basso stato sociale delle donne, la mancanza di informazioni sulla salute riproduttiva, le barriere sociali ed economiche, il difficile accesso alle strutture sanitarie, la carenza di attrezzature mediche e di personale qualificato. Molte di queste criticità ancora esistono. Ma questa novità induce a pensare che, sul piano delle politiche sanitarie, il Burkina Faso abbia finalmente imboccato la strada giusta.

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